E a Milano Casini conta come Beppe Grillo. Le elezioni regionali si chiudono per lUdc con una manciata di voti che non supera nemmeno quelli raccolti dai «marziani» della politica del Movimento 5 Stelle. In serata Pezzotta ammette che più di così non potevano fare. Ci prova lo stesso a dire che quello raggiunto è comunque un dato soddisfacente: «Siamo intorno al 4,7%, è molto più del 3,8% delle precedenti regionali». Ma poi alza bandiera bianca e si arrende ai numeri della disfatta. Del suo partito e del suo leader. «Abbiamo dovuto scalare lEverest - spiega il candidato dellUdc - e dopo unalleanza di 15 anni, presentarsi da soli e convincere il nostro elettorato a rivotarci, credo sia un grande risultato. Di più non potevamo fare». Eccoli gli eredi della vecchia Democrazia Cristiana, quelli che hanno voluto portare avanti una continuità che, oltre ad essere politica, era anche giuridica nella scelta del simbolo che li rappresenta. Eccola, la colazione di Casini sconfitta dal popolo di Grillo. Da uno che di professione fa il comico, e non il politico e che laltra settimana è riuscito a riempire piazza del Duomo. Che punta tutto su internet e col voto telematico ha portato a Vito Crimi, il candidato alla Regione Lombardia più del 3% delle preferenze su Milano, mettendo in crisi il Pd e dando fastidio allIdv. Lui, Vito Crimi incassa il successo e aspira a un posto al Pirellone. «È un buon risultato per un movimento che non è un partito. A questo punto, non potete non valutarci: ci sono 140mila persone che ci vogliono». E lastensionismo? Ha fatto solo comodo ai grillini. «Ma ci dispiace perché dimostra che i cittadini non credono più nei politici».
È nella sua terra, la Bergamasca, che il partito dellUdc si difende meglio, Pezzotta prende il 6,6%, più del simbolo che rappresenta (5,5%), un attestato di stima che lo salva sul dato lombardo (4,69%), mentre quello milanese (3,1%) pesa come un macigno. E pensare che in città hanno un assessore in Comune, un candidato alla Provincia alle scorse elezioni. «Qui vanno a votare solo i tifosi - sostiene Pezzotta -. Quando si fa una campagna elettorale basata sullo scontro, sugli insulti, sulla questione della politica che non affronta i problemi veri della gente, è chiaro che vanno a votare solo i fedeli». In questo modo, rimane esclusa la parte di popolazione che invece avrebbe bisogni veri da rappresentare, secondo lex sindacalista. Lastensionismo? Un segnale. Come a dire: «la gente chiede un altro tipo di politica.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.