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Ore 6, sgombero a Porta Maggiore fuori gli «okkupanti» di via Giolitti

Alessia Marani

Sgomberata dopo sette mesi di okkupazione la «Casa dei diritti negati» al 212 di via Giolitti. Nient’altro che l’ennesimo edificio privato «requisito» con un colpo di mano da extracomunitari e senzacasa sulla scia di D’Erme, Lutrario&Co. (vedi Action) e trasformato in nuovo «baluardo» dell’emergenza abitativa a Roma. Ai due disobbedienti «irriducibili» dell’esproprio proletario poco importa che appena un paio di giorni fa il Tribunale del Riesame abbia reiterato nei loro confronti la richiesta degli arresti domiciliari condannando di fatto la loro condotta, anzi. Dopo avere incassato il parere favorevole del consiglio comunale su un paio d’emendamenti per la riqualificazione dell’ex deposito Atac di via della Lega Lombarda e avere avanzato, addirittura, pretese per un futuro «premierato» nientemeno che all’assessorato all’Urbanistica, ieri si sono dati un gran da fare per impedire l’intervento di polizia e carabinieri a Porta Maggiore. Non tralasciando, però, Nunzio D’Erme - quello del letame scaricato davanti a Palazzo Grazioli, per intenderci - dall’appellarsi nel pomeriggio al presidente della Repubblica appena eletto, Giorgio Napolitano, perchè emetta presto un «provvedimento di amnistia e indulto». Già, non si sa mai.
La cronaca. È delle sei di ieri mattina il blitz delle forze dell’ordine in via Giolitti che in poco tempo hanno sfollato una ventina di famiglie, un nucleo italiano, gli altri prevalentemente etiopi, eritrei, sudamericani e marocchini, che dal novembre dello scorso anno vivevano nel palazzo. Enormi i disagi soprattutto per gli automobilisti e i mezzi pubblici intorno alla zona, Porta Maggiore, dove il traffico è rimasto semiparalizzato per gran parte della mattinata. Un’operazione che ha subito scatenato un vespaio di polemiche nel centrosinistra, «spiazzato» dalla mossa «inattesa» del prefetto.
«Si trattava - ha spiegato lo stesso Guido Lutrario, ora in lista con Roma arcobaleno - di una struttura di cui gli occupanti avevano fatto un luogo di incontro e di servizi; in un quartiere come l’Esquilino dove i prezzi degli affitti costringono migliaia di immigrati a coabitare in appartamenti superaffollati. Lo sgombero di via Giolitti sembra rispondere alla campagna elettorale di Alemanno. Il modello Roma - ha aggiunto Lutrario, tirando le orecchie al prefetto - si regge sull’attenzione verso le grandi emergenze sociali e non sulla repressione e la connivenza con le grandi proprietà. Se al prefetto Serra questo modello non piace, perchè non se ne va a Bologna?». Non basta. Incalzano il vicepresidente della Provincia, Nando Simeone (Prc) e il responsabile per l’immigrazione del suo stesso partito, Stefano Galieni: «Lo sgombero è stato attuato con uno spiegamento di forza pubblica spropositato e con un ping-pong di responsabilità su chi avesse chiesto l’intervento della polizia. Questa, poi, sostiene che il Campidoglio fosse stato avvisato, al Comune sono caduti dalle nuvole. Ci chiediamo - hanno ribadito - se in questa città stia circolando la stessa febbre da sgomberi che ha colpito il sindaco di Bologna Cofferati».

A dare man forte (come se ne avessero bisogno) ai noglobal capitolini, ieri, a manifestare davanti alla prefettura s’è precipitato pure il neoparlamentare di Rifondazione Comunista, Francesco Caruso. «Di fronte a questi sgomberi la requisizione è un dovere dell’amministrazione», ha tenuto a sottolineare. E il sindaco Veltroni? Come al solito tace.

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