ORIANA FALLACI

Dal 30 luglio - data di uscita per Rizzoli di Un cappello pieno di ciliege, romanzo postumo di Oriana Fallaci - le polemiche si sono succedute a ritmo costante. Polemiche e diatribe intorno a Oriana non sono certo una cosa nuova, solo che queste ultime toccano argomenti su cui la giornalista, in vita, è stata sempre più che intransigente: la propria opera e il tema dell’eutanasia. Prima polemica: il romanzo non doveva essere pubblicato. In un’intervista, la sorella della giornalista, Paola Fallaci, ha raccontato che Oriana non ha mai menzionato nel suo ultimo testamento Un cappello pieno di ciliege: proprio lei che decideva personalmente il destino di ogni suo manoscritto, ha evitato di dare indicazioni su quello più importante, su cui aveva lavorato per anni. «Il libro - ha replicato Edoardo Perazzi, figlio di Paola, nipote della scrittrice e unico erede testamentario - è stato invece realizzato come lei voleva, copertina compresa. Abbiamo soltanto corretto qualche discrepanza». Seconda polemica: sempre stando alle dichiarazioni di Paola, la scrittrice ricoverata in fin di vita alla clinica Santa Chiara di Firenze chiese di non soffrire più e pretese lucidamente un’iniezione di morfina da cui sapeva con certezza che non si sarebbe risvegliata. In pratica, chiese una «dolce morte», un’eutanasia in piena regola: soluzione che però aveva sempre rifiutato con fermezza.

Su questa vicenda la procura di Firenze ha deciso di non aprire un’inchiesta. Parlando con i giornalisti, il sostituto procuratore di Firenze, Giuseppe Soresina, in questi giorni facente funzioni di procuratore capo, ha spiegato che «non ci sono elementi per assumere iniziative».

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