Ma ormai sono liturgie fuori tempo

D’accordo, l’età media è ovunque sempre più alta e il potere è ormai gerontofilo, anche nel rock. Però, accidenti, quale senso ha ancora, nostalgia a parte, vedere quattro ultracinquantenni imbolsiti come i Sex Pistols suonare sempre lo stesso punk? Ieri, all’Heineken Jammin’ festival, quando Iggy Pop è salito sul palco, insomma quando ha iniziato a slacciarsi i pantaloni come faceva già nel ’74, aveva di fronte una folla di ragazzi che avrebbero potuto essere suoi figli. Un confronto generazionale, certo. Ma con quale messaggio? E chi ha vinto? Alla sua nascita, in qualche posto negli anni Settanta, il punk era nichilismo, negazione, annullamento. Voleva, infantilmente e brutalmente, distruggere tutto senza avere nulla da metterci al suo posto, sognava di cancellare la realtà borghese perché era annoiato dalle tradizioni e, anche, dai musicisti virtuosi del prog rock alla Genesis che raccontavano belle storie sì, ma di fantasia, lontanissime dalla vita. Il punk era realtà cruda, oltraggiosa, era la negazione del futuro e quindi anche della vecchiaia.

E così ieri, la sua festa è sembrata una rappresentazione parodistica dei bei tempi fatta da gente ai limiti della borghesissima pensione. In poche parole, la negazione del punk e, alla fine, la sua commovente catarsi cabarettistica.

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