OSCAR NIEMEYER Un secolo di sorprese per un mondo migliore

Tra il ’68 e il ’75 l’architetto brasiliano Oscar Niemeyer progettò la sede del Gruppo Mondadori a Segrate, Milano. Era l’epoca in cui il committente illuminato, in questo caso Giorgio Mondadori, chiamava a lavorare un brillante architetto sulla base di scelte che oggi potrebbero sembrare strane, avulse da investimenti immobiliari su larga scala. Dopo 32 anni la costruzione di Niemeyer è ancora lì, ed è entrata nell’iconografia generale più per abitudine che per comprensione della complessità del progetto e della visione del suo autore.
Un marziano chiamato Oscar Niemeyer che nasce a Rio de Janeiro il 15 dicembre del 1907, anno in cui Picasso dipinge Les Demoiselles d’Avignon. La sua è una famiglia cattolica, piena di pregiudizi, cosa che lo spinge ad appassionarsi al comunismo perché, ha dichiarato, «è nel comunismo che ho trovato la gente migliore e più idealista, che voleva una vita migliore. E che cosa vogliamo dall’architettura? Solo un mondo migliore». Leggenda vivente, genio, ultimo modernista o, come ha detto il suo amico Fidel Castro «l’unico altro comunista sopravvissuto», si iscrive all’Accademia nazionale di Belle Arti di Rio de Janeiro nel ’29, l’anno del crollo di Wall Street. Giovane idealista, si mette al servizio del governo brasiliano. A ventinove anni, nel ’36, in collaborazione con Le Corbusier progetta il ministero dell’Educazione e della Sanità di Rio.
Allora Rio era una città settecentesca e barocca: la costruzione di Niemeyer e Le Corbusier la fece diventare contemporanea, una rivoluzione di cemento dove ancor oggi tra le sue colonne si può respirare l’energia e l’esuberanza tropicale di Niemeyer. È infatti un modernista, ma le sue radici brasiliane, lontane dall’Europa, lo portano a sperimentare nuove forme, a piegare il cemento armato seguendo il suo segno caratteristico, la curva che è «la soluzione naturale di uno spazio, la curva che ritrovo nelle montagne del mio paese, nelle rotondità femminili, nelle anse dei fiumi e nelle onde del mare». Guardando la forma del Museo d’Arte Contemporanea di Niteroi, si ha la sensazione di un’enorme navicella spaziale miracolosamente atterrata su una base cilindrica di 9 metri di diametro per 2 di altezza che regge un peso di 400 kilogrammi per centimetro quadrato e resiste a venti fino a 200 Km/h. Per quel progetto Niemeyer chiese anche il parere della gente per la strada, decidendo poi di aggiungere una rampa che all’esterno percorre da una parte all’altra l’edificio. «Nell’architettura - ha detto - ricerco sempre qualcosa di nuovo, se non c’è non mi interessa. Forse non ti piacerà la mia architettura, ma non avrai mai visto nulla di simile».
Nel ’45 inizia la militanza nel partito comunista brasiliano, posizione che lo costringerà ad allontanarsi varie volte dal Brasile. Nel ’56 viene coinvolto dal presidente Kubitschek in un progetto visionario: costruire una nuova capitale al centro del paese, Brasilia. Un esperimento socialista forse politicamente discutibile ma ineccepibile sotto il profilo architettonico. Solo quattro anni per costruire la maggior parte degli importanti edifici della città quali il Congresso Nazionale, il Palazzo del Planalto, la Corte Suprema Federale, il Palazzo Arcos, la Cattedrale e il Museo Juscelino Kubitschek, edifici ancor oggi di riferimento per la storia dell’architettura. «Come architetto - ha dichiarato Niemeyer - la mia preoccupazione per Brasilia era trovare una soluzione strutturale che caratterizzasse l’architettura della città. Così ho fatto del mio meglio nelle strutture, cercando di differenziare la distanza delle colonne, così vicine che a volte i palazzi sembrava non toccassero terra \ potevo vedermi camminare lì in mezzo, immaginare le loro forme e i diversi punti di vista che avrebbero provocato».
Spesso paragonato all’americano Luis Khan, il centenne Oscar mostra nel video Oscar Niemeyer, allegato questo mese alla rivista Interni, una vitalità lontana da Khan. Sorridente, col sigaro in mano, parla di vita avvolta nel mistero, di futuro, di filosofia e dell’importanza della lettura e della poesia. «C’è tanta curiosità intorno al fatto che compio 100 anni. Sono qui e non ho chiesto di esserci, come tutti gli altri. Il tempo non è importante e la vita è giusto un segno». Sarà, ma in questi cent’anni Niemeyer ha lasciato segni profondi: il palazzo delle Nazioni Unite di New York, il Sambodromo di Rio, la Piazza dei Tre Poteri a Brasilia, l’Università di Costantino e il Giardino Zoologico ad Algeri, la sede del Partito Comunista Francese e gli uffici della Renault a Parigi, edifici costruiti durante l’esilio politico in Europa. E ancora, la sede della FATA a Pianezza (Torino) e quella delle Cartiere Burgo, a San Mauro Torinese, e poi la sede della Mondadori di Milano-Segrate, le cui colonne dalla distanza irregolare hanno «uno spazio musicale unico a Milano», mentre la sua casa a Rio de Janeiro è diventata un punto di riferimento.


Premio Pritzker d’architettura nel 1988, cita Baudelaire nel discorso di ringraziamento: «L’inaspettato, l’irregolare, la sorpresa, il meraviglioso sono parte essenziale e caratteristica della bellezza. E questo è quel che io ho da dire sull’architettura».

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