Nell'anno che vede Carlo Emilio Gadda protagonista del Salone del libro di Torino 2015 (dal 14 al 18 maggio), con le Meraviglie d'Italia come tema conduttore, proponiamo alcune lettere inedite che mostrano la sua «cognizione del dolore». L'autore che più di tutti ha contribuito a rinnovare la letteratura italiana stravolgendo le strutture narrative tradizionali, in queste missive racconta le piccole e grandi manie che lo hanno tormentato sin dall'infanzia: il profondo disagio, la solitudine di un uomo e di un artista sfiduciato, misogino e misantropo. Sono lettere scritte nel 1960-62, a soli tre anni dal clamoroso trionfo di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana , il suo romanzo più conosciuto. Le lettere appartengono all'Archivio Privato Roncoroni -Fondo Gadda. Lo scrittore e saggista Federico Roncoroni le ebbe in dono dal nipote di Gadda, Emilio Fornasini. Erano zio e nipote, malgrado fossero coetanei, e il loro rapporto, dopo lunghi anni di amicizia e di confidenze epistolari, subì una brusca interruzione nonostante il tentativo della moglie Anita Fornasini di riconciliarli. «Queste lettere che tracciano un quadro desolato della vita di Gadda - spiega Roncoroni - sono un capolavoro dal punto di vista stilistico, ricche di battute, immagini, passaggi da un registro linguistico a un altro. Costituiscono, infatti, per quanto di carattere privato, un esempio eccezionale di quella ricercatezza linguistica che fa di Gadda uno dei maggiori scrittori del Novecento».
Roma, 15 luglio 1960
19, via Blumenstihl. =
Carissima Anita, ricevo la tua lettera del 12 luglio e ti scrivo subito per non rimandare poi di giorno in giorno. Non sono passati dei mesi da quando ti diedi mie notizie: con una lettera di fine maggio, primi giugno 1960. Spero non sia andata smarrita. Gli scioperi postali non erano ancora in corso.// I commessi di Hoepli milanese non possono sapere nulla di me: il capoccia è 25 anni che non lo vedo, anche se vende gentilmente i miei libri, e i subalterni non li ho mai visti.// Ti ringrazio del tuo affettuoso interessamento: la mia salute è un po' migliorata con la stagione più calda e con l'osservanza di quelle poche regole dietetiche che mi sono costate 250.000 lire lo scorso anno, come ti ho scritto. Devo evitare il sale. Ma non sempre resisto alla noia e agli inconvenienti di una dieta assolutamente insipida. Devo anche non inquietarmi, non angustiarmi e non affaticarmi: questo è impossibile dati gli impegni di lavoro, la vecchiaia e la mala educazione e cretinismo della folla di idioti che mi circondano, (come vi ho scritto molte volte) e la situazione generale che non era difficile prevedere; dato il contegno di tutti e la verbosa incapacità degli psicopompi e reggitori e senatrici assortite. Appunto per ragioni di lavoro non ho potuto allontanarmi da Roma, né predisporre un luogo tranquillo (se esiste) dove rifugiarmi l'agosto. Ho qualche impegno cretino, come concorsi, ecc. anche in agosto: ma cercherò di scansarlo e di evaporare. Con gli amici, credo che tu alluda agli impagabili parenti, non ho alcun carteggio: da decine d'anni non corrispondo con simili bipedi. Solo Piero Gadda che si fa vedere qualche volta e gradisce l'offerta di un lunch, che sono lieto di offrirgli: mi racconta alcune storie d'affari e mi porta un soffio di una Milano un po' noiosa ma pur sempre migliore dell'oggi, e del resto d'Italia. L'altro corrispondente è il Semenza, della cui salute sono tuttavia un po' inquieto. All'infarto cardiaco, che ha superato, segue ora un'emorragia intestinale che mi dice dipenda da ulcera gastrica. Attendo ulteriori notizie. Di Clara sai o sapete qualche cosa? Forse mi deciderò a scriverle direttamente. Ciò che mi trattiene è il timore di una risposta isterica e spregiativa, che mi irriterebbe in misura irreparabile. \ (...)
Il tuo e vostro Carlo. =
Roma, 7 dicembre 1960
19 via Blumenstihl.
Il colpo è questo: da anni non sto bene e ho bisogno di immobilità e solitudine, unica medicina per i miei mali. Ve l'ho scritto e riscritto. La pubblicazione da anticamera di dentisti che si occupava dei fatti miei e che ha violato il mio domicilio coi fotoreporters e con una intervista forzosa mi ha già procurato grane e ricatti epistolari da sconosciuti: una serva analfabeta da Lausanne mi offre i suoi servizî come bonne à rien faire: un pittore di Viareggio la sua casupola scalcinata e un giardinetto con due oleandri secchi: ecc. ecc. = Altre donne e vedove, da Mantova, dal Veneto, ecc. = vorrebbero venirmi in aiuto con le loro tasche vuote. Dalla Liguria 3 vedove. Non eccitatevi alle stupidaggini e alle fotografie che possiate veder pubblicate sul mio conto. Sopratutto ( sic ) non prendete a pretesto la balla dei giardini per spendere altri soldi nella costruzione di altri muri, ville e villette che non potrò mai utilizzare, nemmeno come affittuario. Ciao. Grazie del pensiero.
Carlo.
Roma, 12 ottobre 1962
Via Blumensthil 19.
Caro Emilio, ricevo la tua lettera del 7 corrente, la prima, dopo anni, che mi appaia ragionevole, pacata. Per quanto riguarda il tuo male, pensavo che potesse trovar sollievo (come per me) da cure mediche, diuretici, e altri medicamenti opportuni. Poiché hai deciso di farti operare, memore dei tuoi accenni e più che accenni al riguardo, vedrò di fare il possibile. Ma il mio possibile non potrà essere che un esiguo contributo, che devo sottrarre alle mie ordinarie necessità di vita, e che non potrò farti avere se non verso fine anno. Cerca, te ne prego, di renderti conto in che modo e in che circostanze viviamo: non illuderti su quello che leggi o vedi e non credere alle finte recensioni elogiative: il più delle volte nascondono il desiderio di nuocermi, per invidia di mie presunte fortune o di miei presunti guadagni. La mia salute non va bene e in certi momenti non va per nulla. Sono assolutamente solo: e non posso fronteggiare le centinaia di persone che si rivolgono a me per i loro futili motivi, letterarî o semplicemente mondani. La diagnosi dei miei mali è incerta, ma io temo il peggio (ossia un aggravarsi delle sofferenze che mi separi da ogni attività). Tutti esigono qualche cosa e non si rendono conto che il solo modo di aiutarmi è di lasciarmi in pace. Se non riceverò da te né da voi richieste di notizie, salutî, augurî, e simili, per nessun motivo, ti manderò quanto mi sarà possibile verso fine anno: (ammesso che io sia ancora vivo.
) Se voi mi bersaglierete anche di una sola cartolina, sarà il silenzio. Circa l'esito della tua operazione formulo con tutto il cuore la speranza di ricevere le migliori notizie a intervento avvenuto. Per questo non mancare!Un abbraccio dal tuo Carlo.
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