Pace Scajola-Biasotti per dare la prima spallata a Burlando

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Pace Scajola-Biasotti per dare la prima spallata a Burlando

(...) Biasotti sulla scheda. Sarà persa la preferenza, non il voto. Varrà per la lista».
Scusi, ma cosa fa il partito di Biasotti se non porta voti al Biasotti candidato?
«Credo di poter portare un valore aggiunto alla coalizione di centro destra. Magari recuperando quei consensi di chi non se la sente di votare un partito schierato, ma è anche molto deluso dalla sinistra».
Un altro mestiere ancora: l’acchiappavoti.
«Non solo. Mi sento uno che fa politica senza essere un politico. E per questo voglio far da tramite tra la gente e la politica. Incontro uno che passa per strada e vuole far politica? Lo candido. L’ho fatto in queste liste che stiamo allestendo».
Quel valore aggiunto però è dato anche dalla sua persona. Non poteva candidarsi con un partito?
«No. Diversi me lo hanno chiesto. Ma avrei scontentato gli altri. Avrei perso quella trasversalità che ho mantenuto in questi anni. E poi lavoro per portare unità nella coalizione, non sopporto le liti tra partiti, né quelle interne. Vorrei fare da traghettatore verso il partito unico o la federazione di centrodestra».
Piano, piano. Non era lei che con i partiti aveva quel feeling un po’... così? Con Claudio Scajola mica siete amiconi?
«E invece le cose sono cambiate. Molto. Anch’io sono maturato, ho imparato a essere meno impulsivo. E con Scajola ci siamo incontrati, abbiamo fatto discorsi molto positivi».
A cosa si deve la grande pace?
«Ripeto, sono cambiate cose e persone. Anche il lavoro del coordinatore regionale di Forza Italia, Michele Scandroglio, è stato determinante in senso positivo. Direi che ora c’è unità d’intenti. Per carità, in politica non si può giurare su nulla, ma credo proprio che le divergenze siano superate. Anzi, devo ringraziare Scajola perché lui stesso mi aveva spinto a fare il candidato sindaco, ci teneva».
E lei ha rifiutato?
«Sì, non è il mio mestiere».
Perché, da grande cosa farà Biasotti?
«Voglio riconquistare la Regione. Si può fare, sarebbe un delitto non farlo».
Poteva intanto fare la corsa per le comunali.
«Eh, no. Per fare cosa? Non sono capace a dimettermi a metà mandato. Che fossi sindaco o leader dell’opposizione, non me la sarei sentita di lasciare le cose a metà. E poi tra due anni si ricomincia con la campagna elettorale per la Regione, anzi, a ben vedere, e a imparare da quello che ha fatto l’altra volta Burlando, si deve cominciare anche prima, tra un anno».
Burlando, Burlando. È un chiodo fisso.
«Ci sono rimasto male, a perdere. Credevo d’aver governato bene. Credevo che i liguri optassero per un voto meno politico. E ci soffro a vedere la Liguria che va in rovina, che sta rovinando tutto il nostro lavoro».
Cosa le fa più male?
«Vedere che la nostra Regione non conta più niente. Che arrivano i ministri per prenderci in giro. Arriva Padoa Schioppa e ci dice che non ci dà un euro. Arriva Di Pietro e dice che il Terzo Valico ce lo possiamo scordare. Arriva Mussi e dice che toglie i soldi all’Iit. E qui, i nostri politici, a ringraziarli».
A proposito, le hanno garantito che sarà lei il candidato alla Regione?
«No, nessuna promessa. Ma io sono qui. A disposizione».
I maligni dicono che Enrico Musso sia stato candidato per creare un altro nome forte in Liguria.
«L’ho sentita anch’io, ma è una diceria. Con Musso ho parlato tante volte, ci vediamo quasi tutti i giorni. Non lo conoscevo, ora lo apprezzo molto. Sto cercando di dargli una mano, come la dò a Renata Oliveri, che io avevo voluto nella mia squadra di assessori. Anche Musso non vuole contrapporsi a me. Poi comunque, se tra qualche anno non ci sarà solo Biasotti, meglio. Se ci sarà uno più bravo, tanto di guadagnato».
Intanto Biasotti si conta.
«È la prima volta senza di me in lista. Certo, non sarà ripetibile l’exploit dell’11 e passa per cento delle regionali».
Dopo dicono tutti di aver vinto. Lei cosa considererà una vittoria e cosa una sconfitta?
«Se porterò un solo voto che sarebbe andato perso a Musso e Oliveri avrò vinto. Nella coalizione ci sono 4 partiti tradizionali, più noi e i Pensionati. Spero di non essere l’ultimo. Comunque credo che un 3-4 per cento sia un buon risultato per la lista, sotto il 2 avrei di che pensare».
Non ci sarò più Castellaneta. Sarà il suo erede?
«Siamo diversi. Lui è molto individualista, forse lo sono un po’ anch’io, ma credo di più nella collaborazione con i partiti. Lui quando sfiorò la vittoria con Pericu non volle il loro appoggio».
Qualche suo candidato lo ha già ereditato. I suoi voti?
«Non saprei, lo vedremo».
Torniamo al partito. Non è più un movimento genovese.
«È vero, ci presentiamo anche nei comuni dove si vota per il sindaco. Sarà un buon test. Magari in futuro si potrà pensare a un lavoro più utile in quei comuni dove i partiti cercano di non esporre troppo il loro simbolo».


Niente congresso, allora?
«In verità una convention molto importante la faremo. L’11 maggio abbiamo riservato Palazzo Ducale, la Sala del maggior consiglio. Non sarà un convegno, ma ci presenteremo».
In barba a tutti.

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