Luca Telese
da Roma
Ha una storia di pacifista intransigente, eticamente irreprensibile e poco incline al compromesso. Lidia Menapace, decana del Prc a Palazzo Madama si trova nella posizione delicatissima di ago della bilancia in Senato sul contestatissimo rinnovo del mandato alla missione italiana in Afghanistan, storicamente avversata dal movimento arcobaleno. Il Corriere della Sera aveva anticipato la sua scelta finale, annunciando che sarebbe stata contraria al rinnovo del mandato. Ma lei smentisce e così, visti i precedenti, l'intervista con la Menapace, malgrado il carattere amabile della senatrice, sembra quasi un gioco al gatto e il topo (il topo è chi scrive), venato di ironia e spirito polemico.
Senatrice Menapace, buonasera. Posso chiederle come si sta orientando sulla sua scelta.
«No. Posso dirle che trovo la questione mal posta?».
Era una semplice domanda.
«Trovo che stiamo assistendo ad una sorta di ribaltamento dei ruoli. Come se i media volessero prendere loro una decisione in vece del parlamento, che è sovrano».
Chi nega che sia sovrano? Se le faccio una domanda, lei è libera di darmi la risposta che vuole.
«Le faccio notare che io ho fatto tutta la campagna elettorale senza che nessuno mi chiedesse una sola intervista e senza che io venissi invitata una sola volta in televisione. Invece, adesso, i media hanno deciso di drammatizzare, con il loro interesse una decisione fra tante».
Ma perché si irrita? Ma lei sa che non è una decisione fra tante, e non certo perché lo vogliano i media.
«Io le sembrerò irritata, e non lo sono. Però mi sembra che lei stia drammatizzando una scelta, e questo è innegabile».
Per il «Corriere della Sera» lei ha già deciso di votare contro.
«Io ho smentito il Corriere della Sera. Quindi....».
E allora io le chiedo che cosa intenderà fare, è legittimo.
«Ripeto, deciderò al momento del dibattito, in Parlamento. Adesso sto riflettendo, su un argomento complesso che non può essere affrontato con una battuta».
Trova punti di distanza apprezzabili fra la missione dell'esercito italiano in Irak e quella in Afghanistan?
«È evidente che li trovo, scusi».
Viste le sue risposte non voglio dare nulla per scontato.
«Lei deve sapere che la missione in Irak io la considero già archiviata, chiusa. Il ritiro è già in fase esecutiva».
Bene, allora mi può dire quali sono le differenze su cui sta riflettendo, in Afghanistan. Il tipo di mandato internazionale, diverso da altre missioni?
«Ovvio. Ci sono tante missioni e tanti diversi mandati».
Quindi per lei la missione nella ex Jugoslavia è diversa da quella in Afghanistan?
«Ora cosa vuole? Una lezione sul mandato di tutti i contingenti?».
Perché no? Io vorrei sapere quale è il punto su cui lei sta riflettendo oggi.
«Un nodo è il passaggio di ruolo tra le Nazioni Unite e la Nato, che non appare documentato».
Non documentato?
«Assolutamente no».
Quindi questo è il nodo più rilevante per lei?
«Sì, ma non vorrei che lei prendesse un singolo dettaglio nel quadro di un ragionamento complessivo e lo adoperasse per spararci sopra un titolo!».
E se le chiedo a che punto è la sua riflessione sull'Afghanistan lei cosa mi risponde?
«No comment».
Posso chiederle almeno se seguirà comunque l'indicazione del suo gruppo?
«Io sono una persona libera, ma anche responsabile».
E infatti non l'ho messo in dubbio. Fra l'altro lei è formalmente una indipendente nel gruppo di Rifondazione.
«Se lei mi avesse chiesto della disciplina di partito, infatti, non le avrei risposto».
Ma io le ho chiesto del gruppo, proprio perché lei non è iscritta al partito.
«Allora la risposta che lo do è scontata: qualunque disciplina, per me, è una disciplina critica».
Che è un'espressione di senso molto ampio. Può voler dire tutto o nulla.
«Non esiste per me una disciplina perinde ac cadaver».
Questo è chiarissimo. Quindi?
«Deciderò il giorno del dibattito, ma solo dopo aver discusso nel mio gruppo.
Nessuno la vuole sovvertire.
«Prima c'è il legislativo, poi l'esecutivo e quindi il giudiziario. L'informazione è un potere, ma è per lappunto solo il Quarto. Non se lo scordi».
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