Padova torna a sognare con la Lady B del calcio

Secondo posto e un singolare primato: la vicepresidente più avvenente del torneo Barbara Carron ha dato l’entusiasmo, il derby col Cittadella la spinta sportiva

Padova torna a sognare  
con la Lady B del calcio

nostro inviato a Padova

La chiamano lady B, se vuoi capirci qualcosa del fenomeno Padova devi andare all’Euganeo e rifarti gli occhi. Ma no, non sul campo, in tribuna, è lì il segreto, lì siede lady B: ma insomma, si spoglia o non si spoglia?
C’era tutta Padova in fermento, se salivano in serie B lei aveva promesso una botta di vita ai suoi abiti, anche loro ai suoi piedi, la voce girava ma non si capiva bene lei a chi lo avesse promesso. Però il Padova in serie B c’era salito per davvero e allora la promessa bisognava mantenerla. Barbara Carron ha 35 anni, una famiglia di imprenditori alle spalle e imprenditrice lei stessa, quinta di quattro sorelle e un fratello, bella come una farfalla, il corpo di una chitarra nuova. Non è solo la tosa più amata di Padova, è addirittura diventata la vicepresidente della squadra e nello spogliatoio dei ragazzi le foto di Nereo Rocco hanno fatto una brutta fine, adesso la tappezzeria profuma lady B.

Vicepresidente per caso perché Marcello Cestaro, il titolare dell’exploit, ha avuto l’intuizione della vita e adesso non può più farne a meno, trasferte assieme e tribuna dell’Euganeo. Lei poi è tutto tranne una che se la tira, un giorno si è stufata di stargli accanto in automobile e gli ha detto: «Se d’ora in poi non mi fa guidare, io prenderò un taxi!». E ora gli fa da autista e da vice in tutto. Domenica il presidente era lontano da Padova per affari, la squadra giocava in casa con il Gallipoli, lui la chiama e chiede come va: «Male presidente, siamo zero a zero».

Allora Cestaro le dice di fare come fa lui di solito, andare all’altoparlante dello stadio e gridare «Forza Padova». Lady B esegue, lo stadio si commuove, il Padova pareggia zero a zero col Gallipoli: a tutto c’è un limite. Ma che coraggio, dicevano i tifosi all’uscita, una soddisfazione superiore ai tre punti, perché qui alla promozione ci credono in pochi: se viene, meglio, ma sarebbe già un trionfo restare qui almeno un’altra stagione. Perché comunque si sta bene, c’è lavoro e girano i soldi, e se a qualcuno viene ancora in mente di parlare di razzismo nessuno gli dà più retta dopo la sentenza del Giudice sportivo in merito ai cori contro Eliakwu del Gallipoli: atteggiamento ostile del giocatore e neppure una multa ai padroni di casa.

IL GOL DEL MARIUOLO
Un trionfo, con Antonio Di Nardo da Mugnano, Napoli, che sul più bello la mette e la Barbara che tiene acceso il cellulare anche di notte e non si sa come, tutti conoscono il numero: «Ma è perché sono sola - fa lei –, e ho paura». Da queste parti basta e avanza per tifare Padova a vita. Trascinati da quel mariuolo di Antonio Di Nardo che è arrivato qui due stagioni fa ma di lui non se n’era accorto nessuno: «Perché è piccolo – dicono i tifosi – e non lo trovavano più». È una peste, fa gol e sparisce.
«Era ora - raccontano i tifosi -, da undici anni aspettavamo questo momento, poi finalmente è arrivato il presidente che in 5 stagioni ha ribaltato tutto: 130 giocatori nuovi, sette allenatori esonerati, sei direttori sportivi. L’anno scorso, poi, un macello, giocatori in silenzio stampa per tre mesi, multe della Lega, prima quattro poi ventimila euro, il presidente non sapeva più cosa fare. Ci fu un litigio, mani addosso, ci andarono di mezzo giocatori e giornalisti, adesso è una storia che non vuole ricordare più nessuno, il Padova è in serie B e noi ce la godiamo. Per favore questo non scrivetelo: non abbiamo più bisogno dei cattivi ricordi. Adesso in mezzo al campo abbiamo Italiano che fa il bello e il cattivo tempo, quando gira lui la squadra stravince».

L’ALTRO STADIO
Fai 25 chilometri e sei a Cittadella, seconda botta, 18mila abitanti e la serie B conquistata l’anno prima di quel Padova calcio che gli aveva perfino prestato lo stadio per fare più bella figura. Loro giocavano al Tombolato, 4.500 posti e mai una volta esauriti. Arriva il Mantova e ci vanno in 500, era un venerdì, sette del pomeriggio, un grigiore che t’ammazzava. Allora Andrea Gabrielli, il presidente che ha fondato il Cittadella nel 1973, scrive una bella lettera in federazione e promette che lo porterà a breve a una capienza di almeno 7.500 posti. Nel frattempo manda la squadra a giocare a Treviso e mantiene la promessa di ampliamento dello stadio. Adesso però il Cittadella in casa gioca con una deroga: il Tombolato è omologato ma a causa della scarsa capienza la squadra quando va in trasferta non prende neppure un euro della quota incassi che le spetta.

Capirai, la Gabrielli siderurgica è fra le prime cento in Italia, ingaggi da 200mila euro, entusiasmo reaganiano, anche per loro la B è bella. Mai come lady B però, a lei gli sms arrivano anche di notte: «Presidentessa – le messaggia un bambino -, mi fai un calendario da attaccare in cameretta?». Ma era un bambino?

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