Nei giorni scorsi sembrava che la liberazione di padre Giancarlo Bossi fosse imminente, con le buone o con le cattive. Invece si sa sempre meno sulla sua sorte e le notizie che arrivano dalla Filippine non sono incoraggianti. Lesercito ed i miliziani islamici del Fronte Moro, che cercavano assieme il missionario rapito il 10 giugno scorso hanno sospeso la collaborazione. In realtà si spera che possa riprendere nel giro di poche ore, ma il rischio è che i rapitori riescano ad approfittare dello stallo consegnando lostaggio ai tagliagole di Abu Sayaf, la piccola Al Qaida delle Filippine.
Da alcuni giorni i marines ed i guerriglieri del Fronte islamico Moro, che dal 2003 cercano una via negoziale per uscire dalla crisi, stringevano il cerchio attorno alla banda di sequestratori. Il problema è che laccordo fra esercito e miliziani è scaduto. Lo ha confermato il generale dei marines Ben Dolorfino: «Come ogni anno è scaduto il mandato del Gruppo di azione comune istituito da Manila e dai capi dei ribelli. Per questo, ora siamo formalmente separati e di nuovo avversari. Non possiamo collaborare fino a che il gruppo non viene riformato».
Lo stallo deriva dalla nomina del nuovo responsabile governativo dei negoziati. Secondo lagenzia missionaria Asianews, le autorità di Manila avevano proposto per questo delicato incarico padre Eliseo Mercato, ex rettore dellUniversità cattolica Notre Dame. Il Milf si è decisamente opposto: «Non si tratta di un conflitto fra cristiani e musulmani hanno spiegato i miliziani ma fra il governo ed un gruppo che vuole lindipendenza. Un sacerdote o un imam sono inutili in queste trattative». La presidente delle Filippine, Gloria Macapagal Arroyo, è intervenuta in gran fretta nominando un negoziatore ad interim, Rudy Rodil, docente allUniversità statale di Mindanao, lisola dei musulmani ribelli. Se questo compromesso verrà accettato le ricerche congiunte di padre Bossi potrebbero riprendere già oggi. Altrimenti si rischia che la situazione si complichi. Lintelligence filippina ed i capi del Milf sono convinti che il missionario italiano sia nelle mani del fratello di Abdusalam Akiddin, soprannominato Kiddie e bollato come un comandante rinnegato del Fronte Moro. La banda, metà criminale e metà politicizzata, voleva «vendere» lostaggio, per poche decine di migliaia di dollari, al gruppo di tagliagole Abu Sayaf, che opera nellarcipelago di Sulu.
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