Pagella di Rifondazione, Rutelli prende zero

Gianni Pennacchi

da Roma

Vedi che anche i quotidiani di sinistra, talvolta non sanno come riempire le loro pagine? Sembra un puro divertissement domenicale, quello comparso ieri a pagina 3 di Liberazione, organo ufficiale di Rifondazione comunista. «Un gioco semiserio» premettono anch’essi già nel titolo, ma rivelatore ugualmente - ancor più per il non detto - delle pulsioni profonde che muovono il pensiero, se non del popolo comunista radicale o antagonista che sia, di Piero Sansonetti e dei suoi redattori più fedeli. Tant’è che, seppur giocando, Liberazione ha dato la pagella ai 25 ministri del governo di Romano Prodi. Voti in sinistrese, cioè «quanto sono di sinistra», da 0 a 100. Dove zero se lo becca il solo Francesco Rutelli con la motivazione «e ve lo dobbiamo anche spiegare?», e cento va unicamente a Paolo Ferrero perché «è un compagno», ovviamente rifondarolo. Tra lo zero e il cento c’è un florilegio di sorprese, tali che se per sbaglio avessi tu votato Prc, la prossima volta t’aggrapperai ai rami dalemiani della Quercia.
Da sottolineare un’omissione, forse un lapsus che suscita sospetti: com’è che non hanno dato un voto anche al caposquadra Prodi? Per il resto, nulla da dire sul massimo al titolare della Solidarietà sociale, ma se 100 solo perché è l’unico «compagno» - e poi dite degli arbitri di Luciano Moggi - allora meriterebbe 120 perché è pure valdese. Lo 0 a Rutelli invece andrebbe interpretato, specie perché 50, il voto dell’aurea mediocrità si presume, è andato ai ministri prodiani che sempre postdemocristiani sono. Ad Arturo Parisi che dei prodiani «è il più intelligente», quindi «potremmo dargli 60 o anche 40», ma Liberazione ormai di governo ha scoperto il fascino della media, dunque 50. Così a Giulio Santagata, «prodiano di ferro», e Paolo De Castro (di stagno?). Ma 50 prende anche Cesare Damiano, «compagno» di serie B forse, nonostante venga dalla Fiom come il compagno dei compagni Fausto, che è «fassiniano ma troppo confindustriale»: un 50 che ha il sapore del sotto zero. Un 50 pure a Tommaso Padoa Schioppa, con l’esplicita motivazione «per ingraziarcelo, e che Dio ce la mandi buona» - Moggi docet - e per Emma Bonino che incassa la media «fra lo 0 in economia e il 100 in battaglie per la laicità». Oh, pure Clemente Mastella che è un democristianone di corso assai più lungo di Rutelli, prende 50 a cagione della sua «enorme simpatia».
Allora? Probabilmente non va giù che un radicale si converta, solo i postcomunisti ne hanno licenza, o forse è proprio la storia radicale di Rutelli che va bocciata, memori di quando i radicali venivano presi a ceffoni sul portone di Botteghe Oscure. Persino Antonio Di Pietro, pur se «di sinistra proprio no», prende 20. Giuliano Amato poi, finisce vittima come Rutelli degli odi viscerali più nascosti: domandatevi se i comunisti disprezzino più i radicali dei socialisti, tant’è che al sodale di Bettino Craxi e due volte premier, tocca un misero 10, è più destro di Di Pietro. Peggio ancora per Beppe Fioroni, “margherito” come Rutelli, che incassa un miserrimo 5 perché «il suo nome in tedesco si traduce Ratzinger (ratz=fiori, inger=molto grandi)». Ratz= fiori?! Boh... forse è tedesco della rimpianta Ddr. Il rutelliano Paolo Gentiloni merita invece 40, sempre sotto la sufficienza però, unicamente perché «si è accorto del caso Aldrovandi», quel ragazzo di Ferrara morto in circostanze poco chiare.
Non c’è che dire, la conquista di Montecitorio e la presa del potere devono aver smagnetizzato la bussola rifondarola. Ma come si fa a dare soltanto 30 a Linda Lanzillotta, che è «tecnocrate, efficientista» e ha scoperto la politica nei gruppi di estrema sinistra quando lor signori facevano i bravini revisionisti, e 70 a Giovanna Melandri, esperta in chissà cosa, postcomunista pariolina che gli operai li ha visti al cinema? Vi raccomando Fabio Mussi quasi santo subito, 90 perché «conosce Marcuse», e Alfonso Pecoraro Scanio 80 perché «dice cose giuste». 80 pure a Rosy Bindi, si vede che Lupo Alberto non era in giuria. E il 65 a Luigi Nicolais, divenuto ministro «senza l’inutile corollario dei discorsi sulla società civile»? Il 75 ad Alessandro Bianchi dev’essere un contentino ai fratelli separati e poveri del Pdci, ma è lo stesso voto che va a Massimo D’Alema, «il più di sinistra dei dalemiani». 75 però, pure a Pierluigi Bersani, 70 a Barbara Pollastrini e 60 a Vannino Chiti. Per Livia Turco un voto basso e di sentor massonico, 33.

«Perché ha aperto i Cpt», dice la pagella, ma forse per punirla dell’antipatia che nutre per i rifondaroli.
Vedi che il gioco rivela più delle sedute di critica e autocritica? Chissà che ne pensa il ministro valdese.

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