«Paghiamo la grande contraddizione dell’euro»

Il ministro per gli Affari comunitari: l’indebolimento continuerà finché non si affiancherà alla moneta una politica economica uguale per tutti

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Alessandro M. Caprettini

nostro inviato a Bruxelles

Aspettarselo? Non che non ci credeva alla vittoria dei no. «Pensavo che i sondaggi fossero sbagliati, che emergessero più facilmente i giudizi negativi e che i tanti indecisi potessero rovesciare il risultato... ». Giorgio La Malfa, ministro per gli Affari Comunitari non se lo nasconde ora, che è stato «un brutto colpo». «Perché - spiega - se al funzionamento dell'Unione si sono affibbiati danni limitati, dato che esiste pur sempre il trattato di Nizza che ne regola la marcia, il fatto che anche nei paesi fondatori emerga una buona dose di perplessità non è certo un buon segnale in vista dell'integrazione politica che resta l'obiettivo da perseguire».
Se ne dicono tante sul perché della vittoria del no. Ma non crede che in definitiva più che ogni altra cosa abbia giocato la stagnazione economica che caratterizza gran parte del vecchio gruppo dei paesi Ue, proprio i fondatori..?
«Storia vecchia. Fu la caduta del muro che convinse Mitterrand che per far rimanere agganciata la Germania al carro europeo occorreva togliere sovranità al marco creando una moneta unica. Solo che già allora ci fu chi, è il caso del Cancelliere dello scacchiere inglese Lawson, chi osservò come una moneta unica implicasse un'unica politica economica e fiscale. Ma fu fatto l'euro senza creare un unico ministro del Tesoro. Ed oggi la grande contraddizione ce la continuiamo a portare appresso... ».
Con qualche rischio. Non crede?
«Delle due, l'una. O si completa il disegno economico creando a fianco dell'euro una politica economica uguale per tutti o si rischia un progressivo indebolimento che rischia alla lunga di rimettere in discussione la stessa moneta unica. Ecco allora che in questo quadro assume un ruolo fondamentale il processo di Lisbona... ».
... quello che prevede la piena occupazione o quasi nel 2010? Quello che dovrebbe fare del continente l'area più libera ed economicamente sviluppata?
«Proprio quello. Da realizzare non con sussidi pubblici, ma attraverso appunto lo sviluppo del libero mercato. È una occasione vera, forse l'ultima rimasta a disposizione. Coordinare cioè le politiche di sviluppo dei 25 per ottenere risultati seri, così da far riprendere nella gente la fiducia per l'Europa».
Ministro La Malfa, ma lo sa che qui a Bruxelles, in tanti uffici Ue, ne parlano già come di un libro dei sogni destinato a non essere mai aperto?
«Non sono d'accordo. La commissione ha nominato il tedesco Verheugern coordinatore del progetto. Si è stabilita una tabella di marcia e già entro metà ottobre ogni paese dovrà presentare piani triennali per la ripresa dello sviluppo sulla base delle direttive che saranno prese al prossimo summit dei capi di stato e di governo di metà giugno. A gennaio prossimo, sintesi di quel che si è proposto e poi, rapidamente, esecuzione dei progetti. Credo che tutti siano convinti che questa è una via obbligata. Perché o si riesce a far ripartire lo sviluppo o ci troveremo davanti ad un bivio di quelli davvero dirimenti: il passaggio all'Europa politica o il fallimento di quel che abbiamo».
I francesi hanno votato no, i tedeschi hanno un voto all'orizzonte.

C'è da esser fiduciosi?
«Credo di sì: né francesi né tedeschi, a prescindere dalle scelte politiche, vogliono allontanarsi dall'Europa. Ma a maggior ragione dev'esser chiaro che la strategia di Lisbona è l'ultima spiaggia».

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