Cronaca locale

Mafia, gli affari dei clan di Catania e Trapani: i summit erano in macelleria

Torna la mafia dei sodalizi. Oggi importante operazione dei carabinieri e della guardia di finanza che hanno arrestato 23 persone

Mafia, gli affari dei clan di Catania e Trapani: i summit erano in macelleria

Un patto per fare affari tra i clan della mafia di Catania e di Mazara del Vallo in provincia di Trapani. La mafia dei sodalizi, dunque, torna agli onori delle cronache. Oggi importante operazione anti-mafia dei carabinieri e della guardia di finanza che hanno arrestato tra le province di Catania e Trapani, su ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Catania, 23 persone (10 in carcere, 5 agli arresti domiciliari e 8 raggiunte da misure interdittive), alle quali vengono contestati, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere, estorsione in concorso, intestazione fittizia di beni, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, falsità commessa dal privato in atto pubblico, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, occultamento o distruzione di scritture contabili, con l’aggravante di avere agito al fine di agevolare il clan mafioso "Mazzei" (i cosiddetti "carcagnusi") e con il metodo mafioso.

Il vento di "Scirocco"

L'indagine, denominata "Vento di scirocco" è stata condotta dal settembre 2016 al dicembre 2017 dai carabinieri del nucleo investigativo di Catania mediante intercettazioni, pedinamenti e controlli sul territorio, ulteriormente riscontrati dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, e nel corso della quale è stato possibile accertare la responsabilità degli indagati in relazione alla loro appartenenza alla famiglia dei Mazzei, storicamente affiliata alla mafia e operante nel territorio della provincia di Catania. Un'indagine che ha dimostrato perfettamente le dinamiche all'interno della famiglia, anche negative, con i contrasti venutisi a creare tra due esponenti di spicco del sodalizio per assumere la leadership all’interno del clan. Nel corso dell'indagine si è scoperto che la sede degli incontri per i summit mafiosi convocati dal capo-famiglia Angelo Privitera, detto "Scirocco" era il negozio "Ideal Carne", gestito dai fratelli Luciano e Pietro Lo Re. Qui si incontravano tutti gli elementi di spicco – tra i quali Carmelo Munzone, Carmelo Pantalena, Sergio Minnella e Claudio Loria – per discutere delle dinamiche criminali del gruppo mafioso, della gestione degli affari illeciti derivanti dall’usura e dalle estorsioni, nonché della tensione venutasi a creare in seno alla "famiglia" successivamente ai contrasti sorti tra Santo Di Benedetto detto "Santo u panitteri" e Mario maugeri, detto "Mario Ammuttaporte", per il riconoscimento della leadership in seno al clan Mazzei.

La società di scommesse online

Inoltre i carabinieri hanno documentato il reimpiego dei proventi delle attività illecite mediante l’intestazione fittizia della "World Games Srl", società con sede a Catania, operante nel settore delle scommesse online e nell’attività di gestione, noleggio e assemblaggio di apparecchiature elettroniche inerenti i giochi. In particolare, Angelo Privitera e Carmelo Pantalena attribuivano fittiziamente ad Alessandro Lizzoli la titolarità delle quote della predetta società, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali. Nell’ambito dell'indagine, si accertava un’estorsione compiuta da Privitera che, avvalendosi della capacità di intimidazione derivante dalla sua appartenenza al clan mafioso "Mazzei", per il tramite di Munzone e Massimiliano Ponturo, risolveva una controversia di carattere economico insorta tra i due soggetti dediti alla commissione di truffe telematiche, facendosi corrispondere, per il suo intervento, la somma di 4.500 euro, utilizzata per l’acquisto di una autovettura in favore del figlio.

Gli affari con gli imprenditori di carburante

Il clan Mazzei, per il tramite di Privitera e Munzone, aveva instaurato stabili rapporti con imprenditori dediti alla gestione di depositi e impianti di distribuzione di carburante coinvolti in operazioni finalizzate alle frodi fiscali sui prodotti petroliferi, ed in particolare con Sergio Leonardi intervenendo, con la propria capacità di condizionamento e di "mediazione", lungo tutte le fasi della filiera di approvvigionamento del prodotto, facendo leva anche sui rapporti con soggetti appartenenti ad altre organizzazioni criminali che operavano in diversi contesti territoriali. Nello specifico, è emersa l’instaurazione di rapporti con esponenti della criminalità organizzata campana e con Francesco Burzotta, soggetto orbitante nell’ambiente mafioso di Mazara Del Vallo, il cui contributo è apparso essenziale per assicurare la stabilità degli approvvigionamenti di carburante da parte del deposito mazarese della Pinta Zottolo Spa. Nell’ambito della stessa indagine, i militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Catania sono stati delegati dall’autorità giudiziaria a valorizzare il vasto compendio indiziario acquisito per l’individuazione delle fattispecie penali tributarie (emissione e utilizzo di fatture false, omessa dichiarazione, distruzione e occultamento di documentazione contabile, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte), nonché per la contestazione di ipotesi di contrabbando di prodotti petroliferi immessi nel mercato nazionale in evasione d’imposta (accise e Iva), perpetrato anche attraverso la produzione di documenti mendaci bollati con timbro doganale contraffatto.

La "frode carosello" dell'Iva

La Guardia di Finanza ha così accertato il meccanismo illecito messo in atto dagli indagati, noto come "frode carosello dell’Iva" che si realizzava attraverso la partecipazione reale e fittizia di più operatori commerciali che si frapponevano tra gli effettivi venditori e acquirenti con l’esclusivo scopo di "capitalizzare" il mancato versamento dell’Iva. Il sodalizio criminale riusciva a evadere il pagamento dell’imposta attraverso l’intervento di "falsi esportatori abituali" che emettevano dichiarazioni d’intento non veritiere, che consentivano agli stessi di acquistare da soggetti italiani carburante senza l’applicazione dellIva per poi rivenderlo (anziché all’estero) nel territorio nazionale a vantaggio di imprese sleali che consapevolmente incassavano, tra i profitti illeciti, l’imposta mai versata. L’esame della documentazione contabile, corroborata dall’analisi delle movimentazioni bancarie, nonché dall’acquisizione di dichiarazioni testimoniali, consentiva ai finanzieri di Catania di tracciare, nella frode carosello, la partecipazione di società "cartiere", ossia prive di qualsiasi struttura, gestite da amministratori prestanome (tra i quali Alberto Pietro Agosta, classe1986; Antonino Campagna, classe 1964; Federico Pandetta, classe 1983; Salvatore Giuffrida, classe 1983; Filippo Cutrona, classe 1990) orchestrati da Sergio Leonardi, amministratore di fatto della Lubricarbo Srl presso il cui deposito di Augusta in provincia di Siracusa giungeva effettivamente il gasolio. I prodotti petroliferi movimentati con false dichiarazioni d’intento provenivano, fino al 2016, dalla "Pinta Zottolo Spa" di Mazara del Vallo, successivamente, fino al 2018, da depositi fiscali e commerciali situati nelle provincie di Trapani, Palermo, Ragusa e Reggio Calabria (emittenti di fatture false per circa 100 milioni di euro). La citata Lubricarbo, formalmente amministrata da Alessandro Calderara (classe 1969), concludeva il "carosello" conseguendo un profitto illecito di circa 8,8 milioni di euro, profitto criminale sottoposto a sequestro preventivo (anche per equivalente) finalizzato alla confisca. Con il sequestro della Pinta Zottolo nel 2016, la Lubricarbo di Leonardi acquistava, nel 2017, da fornitori esteri britannici, maltesi e della Repubblica Ceca gasolio con documentazione di accompagnamento non prescritta per la circolazione in Italia dei prodotti energetici poi immesso (riciclato) clandestinamente nel mercato siciliano attraverso la compilazione di documenti di accompagnamento semplificati falsi. Nel complesso, il gasolio consumato in frode è pari a oltre 5,7 milioni di chili (corrispondente a quasi 7 milioni di litri) al quale corrisponde un’evasione di accisa di 4,2 milioni di euro e 1,6 milioni di Iva.

Il sequestro dei patrimoni milionari

Sul conto di Sergio Leonardi i finanzieri hanno condotto accertamenti patrimoniali allo scopo di individuare i beni allo stesso riconducibili (anche indirettamente) per l’esecuzione di un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per sproporzione. L’esecuzione delle misure cautelari reali, operate congiuntamente dai militari della guardia di finanza e dei carabinieri, ha interessato il patrimonio di Sergio Leonardi il cui valore è stato quantificato in oltre 10 milioni di euro ed è costituito dalle quote societarie e/o titolarità di 10 imprese commerciali (titolari, tra gli altri beni, di 7 distributori stradali), 8 fabbricati, un terreno, un motoveicolo e 6 rapporti bancari. "L'operazione di oggi è emblematica di quella che è la perfetta sinergia che si può realizzare tra criminalità organizzata e mondo dell'imprenditoria. Queste situazioni fotografano una realtà in cui l'imprenditoria sana si trova sempre più messa all'angolo perchè, data l'illecita concorrenza, di questi imprenditori spregiudicati, non può operare sullo stesso piano e con lo stesso tipo di armi - dice il procuratore della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro - Se si importa il gasolio in una determinata maniera, se si riesce a farlo entrare nel circuito commerciale in una determinata maniera è ovvio che l'imprenditore onesto non può andare avanti. Se vi sono imprenditori che sono disposti a ricorrere alla mediazione e all'intervento dell'arroganza mafiosa, non vi è dubbio che per gli imprenditori onesti vi è sempre meno spazio. Noi riteniamo essenziale questa azione di contrasto per assicurare uno sviluppo a questo territorio i cui lo sviluppo da tempo manca".

Tutti i provvedimenti

Gli arrestati, in carcere: Franceco Burzotta, classe 1960; Salvatore Giannone, classe 1956; Sergio Leonardi, classe 1978; Luciano Lo Re, classe 1971; Pietro Lo Re, classe 1965; Claudio Loria, clase 1969; Sergio Minnella, classe 1960; Carmelo Munzone, classe 1956; Angelo Privitera, classe 1964; Carmelo Pantalena, classe 1973, già detenuto.
Agli arresti domiciliari: Eugenio Barbarino, classe 1984; Alessandro Concetto Calderara, classe 1969; Alessandro Lizzoli, classe 1972; Bernardo Toscano, classe 1968; Massimiliamno Ponturo, clase 1979.


Divieto temporaneo di esercitare imprese e gli uffici direttivi: Alberto Pietro Agosta, classe 1986; Antonino Campagna, classe 1964; Filippo Cutrona, classe 1990; Gioacchino Falsaperla, classe 1965; Salvino Frazzetto, classe 1959; Salvatore Giuffrida, classe 1983; Federico Pandetta, classe 1983; Salvatore Pinta, classe 1956.

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