Il Papa: "L'Aids non si vince coi preservativi"

Benedetto XVI in Camerun. "Aumentano il problema. Serve un comportamento morale". E sulla sua solitudine dice: "E' un mito, sono tra amici"Appello contro la povertà: "I Grandi non dimentichino questo continente"

Il Papa: "L'Aids non si vince  coi preservativi"

nostro inviato a Yaoundé (Camerun)

Benedetto XVI è arrivato ieri pomeriggio a Yaoundé, la capitale del Camerun, prima tappa della visita che toccherà anche l’Angola, ed è stato accolto da una folla festosa e coloratissima: decine di migliaia di persone, nonostante il caldo soffocante, hanno gremito le strade lungo i 30 chilometri del percorso dall’aeroporto alla città, salutandolo con entusiasmo. Sul volo che lo ha portato in Africa, rispondendo a una domanda sulla posizione della Chiesa nella lotta all’Aids, considerata spesso poco realista, Benedetto XVI ha dichiarato che i preservativi non risolvono il problema ma anzi lo «aumentano». Parole che hanno fatto subito il giro del mondo.
Ratzinger ha ricordato che la Chiesa è «la realtà più presente e più efficiente nella lotta contro l’Aids», ha citato l’esempio della Comunità di Sant’Egidio «che fa tanto, visibilmente e invisibilmente»; ha parlato dei «padri Camilliani» e di «tutte le suore che sono a disposizione dei malati». E ha quindi aggiunto: «Non si può superare questo problema dell’Aids solo con i soldi, che pure sono necessari», e nemmeno «con la distribuzione di preservativi», che «anzi aumentano il problema». La soluzione, incalza il Papa, passa invece attraverso «l’umanizzazione della sessualità, cioè un rinnovamento spirituale umano che comporta nuovo modo di comportarsi l’un l’altro» e attraverso «una vera amicizia soprattutto verso le persone sofferenti». La «duplice forza» della Chiesa è da un lato quella «di rinnovare l’uomo interiormente e di dargli forze spirituali e umane per un comportamento giusto nei confronti del proprio corpo e di quello dell’altro», come pure «la capacità di soffrire con i sofferenti» rimanendo «presente nelle situazioni di prova». Nel primo discorso, rispondendo al saluto del presidente del Camerun Paul Biya, Ratzinger ha definito «particolarmente encomiabile che i malati di Aids in questo Paese siano curati gratuitamente».
Nell’incontro con i giornalisti sull’aereo, il Papa ha affrontato anche il tema della sua solitudine, argomento sul quale si è molto scritto in questi giorni, dopo la pubblicazione della lettera sul caso Williamson e sulla revoca della scomunica ai lefebvriani: «Per dire la verità devo un po’ ridere su questo mito della mia solitudine. In nessun modo mi sento solo. Ricevo quotidianamente i collaboratori più stretti, vedo regolarmente tutti i capi dei dicasteri». «Ogni giorno – ha aggiunto il Papa – ricevo vescovi in visita ad limina, ultimamente ho visto i vescovi della Nigeria, dell’Algeria, oltre a tanti colloqui amichevoli, una rete di amicizie, anche i miei compagni di messa dalla Germania sono venuti in questi giorni solo per chiacchierare con me. Niente solitudine dunque, sono veramente circondato da amici in una stretta collaborazione con i vescovi, i collaboratori e con i laici. Sono lieto per questo».
Parlando dell’Africa e della crisi economica internazionale, Benedetto XVI ha detto di non arrivare in questi Paesi «con un programma politico ed economico», ma «religioso, di fede, di morale» che proprio questo «può dare un contributo essenziale per la crisi economica». Una crisi che ha tra le sue cause principali proprio «il deficit di etica nelle strutture economiche». Perciò «parlando di Dio e dei grandi valori spirituali cerco di dare un contributo proprio per superare la crisi e rinnovare il sistema economico dal di dentro». Il Papa ha quindi spiegato ai giornalisti che proprio la necessità di inserire nuovi paragrafi dedicati alla crisi nella prossima enciclica sociale, ha fatto ritardare la sua pubblicazione.
Appena atterrato a Yaoundé, Benedetto XVI ha dovuto attendere qualche minuto prima di scendere dall’aereo, a causa di un problema tecnico al portellone. L’ospite è stato accolto dal presidente Biya, al potere da ben ventisette anni in quello che viene considerato dall’Onu uno dei Paesi più corrotti al mondo. Le parole del Papa sono una sintetica radiografia della situazione dell’Africa, dove «conflitti locali lasciano migliaia di senzatetto e di bisognosi, di orfani e di vedove. In un continente che, nel passato, ha visto tanti suoi abitanti crudelmente rapiti e portati oltremare a lavorare come schiavi, il traffico di esseri umani, specialmente di inermi donne e bambini, è diventato una moderna forma di schiavitù». «In un tempo di globale scarsità di cibo, di scompiglio finanziario, di modelli disturbati di cambiamenti climatici, l’Africa – aggiunge – soffre in maniera sproporzionata: un numero crescente di suoi abitanti finisce preda della fame, della povertà, della malattia. Essi implorano a gran voce riconciliazione, giustizia e pace, e questo è proprio ciò che la Chiesa offre loro.

Non nuove forme di oppressione economica o politica, ma la libertà gloriosa dei figli di Dio. Non l’imposizione di modelli culturali che ignorano il diritto alla vita dei non ancora nati, ma la pura acqua salvifica del Vangelo della vita».

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