Paracadutare la letteratura a Est del Piave

Tra il 21 e il 23 settembre Pordenone verrà invasa da lettori (migliaia) e scrittori (centottantacinque) impegnati a chiedersi, parafrasando una delle tante iniziative: «Che letteratura fa?». Se lo chiederanno, in tanti modi e in tante forme, per un totale di 160 eventi che scandiranno l’ottava edizione di «pordenonelegge.it», il festival del libro più grande del Nord-Est, quello capace di portare in Friuli gli ospiti della letteratura nazionale che contano, di paracadutare a Est del Piave le più interessanti novità editoriali.
Ad aprire, con il botto, questa rassegna che ha l’ambizione dichiarata di essere una «mappa di mappe», di fornire a chi legge e a chi scrive il bollino rosso del «voi siete qui» che aiuta ad orientarsi nella babele della cultura, ci sarà, venerdì 21, Antonio Rezza. Attore, saltimbanco e, più recentemente, scrittore, presenterà il suo Credo in un solo oblio (Bompiani, pagg. 144, euro 14). Un caleidoscopio surreale che travolge il lettore, lo risucchia in un maelstrom psichedelico e lo risputa in un universo parallelo abitato da «uomini che scendono a patti con le ombre e figli che nascono già nonni»; in vicende folli, deformate dalla lente dell’ironia e del paradosso.
A chiudere la terza e ultima giornata del festival ci sarà, invece, Mauro Corona (23 settembre, ore 18,30, Auditorium della Regione). L’alpinista-scrittore-scultore si racconterà al pubblico a partire da Cani, camosci e cuculi, il suo nuovo lavoro edito da Mondadori (pagg. 288, euro 17,50), in uscita il 18 settembre. Un libro che usa la fiaba, la leggenda e l’aneddoto per muoversi con saggezza su quel sottile sentiero in costa che separa la vita dalla morte. Questi due «ragazzacci» geniali e riccioluti sono però solo la punta dell’iceberg. Passeranno per Pordenone, tra gli altri: Alberto Arbasino, Susanna Tamaro, Enrico Brizzi, Carlo Ginzburg, Zygmunt Bauman, Roberto Alajmo, Aldo Busi, Marco Travaglio. Senza contare l’anglo-indiano Amitav Ghosh, autore simbolo dell’incontro-scontro di culture, inventore dell’«indo-nostalgic»; il francese Michel Butor, il russo Viktor Erofeev, il tedesco Uwe Timm, il bulgaro Ilija Trojanow, la polacca Olga Tokarczuk.
Abbastanza per gridare: «Venghino signori... venghino».

Soprattutto contando il fatto che il Festival ha ancora dimensioni «umane» che consentono il contatto con gli autori e che l’idea delle mappe mentali è bella anche se, ovviamente, il bollino rosso del «voi siete qui», nel tempo della babele globale, è solo un’aspirazione.

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