Partito democratico, Angius molla e si allarga la fronda nella Quercia

«Non ci sto a ridurre il socialismo a una corrente. Diventeremo come Fi»

Roberto Scafuri

da Roma

I preparativi sono cominciati da almeno tre mesi, la sede di «Aprile» è in azione da almeno cinque anni. Da quando, nei locali di via della Colonna Antonina a Roma, Giovanni Berlinguer, Famiano Crucianelli, Nicola Tranfaglia, Aldo Garzia, Gino Schiacchitano e altri «antemarcia» si posero il problema del Che fare. Che fare dopo che la deriva centrista dei Ds avesse fatto il suo corso, dopo che la Quercia avesse passato il Rubicone di un (allora) fantomatico Partito Democratico. Nacque così, assieme ad Aprile mensile, l’agile Aprileonline diretto da Garzia (ex Manifesto) che raggruppava e animava circoli di «resistenti» dell’intera sinistra ds.
L’incompleta sintesi storica aiuta a capire perché oggi evocare «lavori di ampliamento» di quelle quattro stanze per definire «prossima» la scissione dei Ds sia una boutade. Ma l’accelerazione di Orvieto smuove per davvero le acque paludose nelle quali Quercia e Margherita cercano il loro matrimonio d’interesse. Ieri le due «ali» senza le quali D’Alema ha detto che «non si può volare» si sono fatte sentire, l’un contro l’altra armate. Da un lato, in campo i «correntonisti» di Fabio Mussi, i «socialistiduemila» di Cesare Salvi, gli «iperdalemisti» Gavino Angius e Peppino Caldarola. Finendo per suscitare speranze persino nei «postsocialisti» alla Spini e nei «npsi» di Mauro Del Bue. Dall’altro, ecco i neonati «teo-dem» incontrarsi per una tre-giorni attorno alla «ruiniana» senatrice Binetti, all’ex aclista Luigi Bobba, al già forlanian-cossighian Enzo Carra. Sponsor occulto anzi semi-ufficiale del gruppo, Rutelli. Secondo i maligni, vorrebbe usare questa testa d’ariete vaticanista per uscire dall’isolamento.
Tra sigle vecchie e nuove di ognuno dei protagonisti, si comprende come l’operazione prodiana del Pd sia a un punto di svolta e faccia venire allo scoperto nervi, gelosie e corse ai «mejo posti». Così che, per esempio, l’iniziativa ultracattolica procuri grande «disagio» al prodiano Franco Monaco ma venga benedetta invece dal mariniano ministro Beppe Fioroni. È a sinistra, però, attorno alle spoglie del socialismo anticipatamente sotterrato da Fassino, che le polemiche sono roventi. Mussi si ribella alla semplice idea che sia lui a compiere la «scissione». «Sono loro a fare un altro partito, di incerta identità... Noi siamo una sinistra di ispirazione socialista, aperta all’ambientalismo e daremo battaglia al congresso Ds, quando ci sarà». Probabile la candidatura alternativa alla segreteria: «con la nascita di Pd si rimette in moto tutto», dice Mussi. E non esita a guardare anche alla Sinistra Europea già confezionata dal previdente Bertinotti: «È una cosa interessante e già il fatto che non c’è solo il Prc è il sintomo della consapevolezza del problema...». Folena e i suoi «Uniti a sinistra» già sognano la ricomposizione nel nuovo contenitore a struttura federativa. Per ora, però, ci sarà solo un «manifesto» e una manifestazione ai primi di novembre, con la quale i «mussiani» chiamano a raccolta tutti quelli che ancora si sentono socialisti. Gruppi autonomi sono pronti sia alla Camera che al Senato (i parlamentari delle sinistre ds sono oltre 30, forse persino 40). Ancora più netto è Salvi: «Se ci sarà la liquidazione dei Ds è per noi impossibile creare un partito assieme alla Margherita, dove ci sono posizioni reazionarie e integraliste. Prodi dovrebbe occuparsi meno di nuovi partiti e di più dei problemi del Paese».
Ma a far capire che i guai sono seri e la frana della Quercia comincia davvero, ci sono le posizioni dei già moderati Caldarola e Angius. Quest’ultimo inviperito perché «vogliono ridurre il socialismo a una corrente, fare un partito dei gazebo, che assomiglia tanto a Forza Italia, con un supervertice e una base che ogni tanto è chiamata a pronunciarsi: saremmo l’unico Paese europeo a non avere un partito che si richiami al riformismo socialista... In un partito del genere ho seri dubbi a starci dentro».

Ma con un gruppo a sinistra del Pd in Parlamento, più Prc, Verdi, e Diliberto che già scalpita, Prodi resterebbe ancora in sella? A quel punto la sua marcia trionfale sulla Stalingrado-Ds potrebbe tramutarsi nella rotta della Panzer-Division.

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