Roma - Con una certa dose di perfidia, uno dei presenti al vertice di Palazzo Grazioli la ribattezza «manovra Woodcock». Facendo ovviamente il verso al fatto che l’inchiesta P4 è arrivata a toccare anche il ministero dell'Economia con il coinvolgimento di Marco Milanese e Manuela Bravi, uomini vicinissimi a un Tremonti che per la prima volta da anni gioca piuttosto in difesa l’ormai tradizionale braccio di ferro con Berlusconi su tagli e capitoli di spesa.
L’inchiesta sulla P4, ci mancherebbe, non c’entra nulla. Ma non c’è dubbio che il Cavaliere questa volta riesce a stringere all’angolo il titolare dell’Economia. «Caro Giulio - lo invita con tono quasi paterno il premier a inizio vertice - è arrivato il momento che tu sia paziente perché la sopportazione non può essere una mia prerogativa. Ora noi ti faremo delle domande e tu ci darai delle risposte». Ed è proprio così che va. Con Tremonti che si piega a una giornata intera di «condivisione» della manovra (prima a Palazzo Grazioli, poi a Palazzo Chigi con tutti i ministri) e che promette «maggiore collegialità» sui prossimi tagli che colpiranno i diversi dicasteri. Ma parole e rassicurazioni, si sa, valgono fino a un certo punto. A differenza dei numeri. Che invece sanciscono la vittoria della linea Berlusconi. La manovra, infatti, non sarà «lacrime e sangue». Proprio come chiedeva il premier e come aveva annunciato giovedì da Bruxelles scatenando un lungo giro di telefonate con via XX Settembre con tanto di serale nota «interpretativa». Una manovra light, aveva detto Berlusconi, che «non avrà una cifra elevata». E così sarà. Perché gli oltre 45 miliardi di euro necessari a raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014 saranno spalmati come chiedeva Berlusconi: 1,8 miliardi nel 2011 (inizialmente dovevano essere 3), 5,5 nel 2012 e 40 equamente distribuiti tra 2013 e 2014. Passa, insomma, la linea Bruxelles.
Una manovra che, secondo molti, segna - almeno politicamente - una sorta di scalone della legislatura. Perché, a meno di non mettersi alle spalle la crisi economica e rivedere quindi le previsioni sul 2013 e 2014, non è affatto scontato che la maggioranza tenga fino alla scadenza naturale della legislatura andando così al voto nella primavera del 2013, quando gli italiani avranno già iniziato a sentire sulla loro pelle la prima sforbiciata da 20 miliardi di euro. «Se non ci sarà un’inversione di tendenza che porti a nuove entrate - spiega un ministro vicino al Cavaliere - non c’è dubbio che da oggi le quotazioni di un voto anticipato nel 2012 sono in salita».
Ma la giornata di ieri segna anche l’ennesimo fallimento di chi ancora una volta aveva tentato la via del governo tecnico. Gli ultimi giorni, infatti, erano stati caratterizzati da una serie di contatti telefonici tra Tremonti e Casini, con il leader dell’Udc che nelle sue conversazioni private iniziava ad accarezzare l’idea che il ministro potesse davvero far saltare il banco. Ecco il perché della difesa pubblica di Tremonti e dell’apertura del Terzo polo a un possibile sostegno alla manovra. Speranze cadute ieri, tanto che con i suoi Casini non avrebbe risparmiato critiche al titolare di via XX Settembre. «Un pavido, non ha avuto il coraggio», ha detto più d’una volta con toni decisamente più coloriti nonché di fantozziana memoria. E che una manovra di accerchiamento fosse in atto lo dimostrano le parole di Berlusconi. «Le dimissioni di Tremonti - dice durante il vertice - stanno solo nei sogni di Casini». Anche se in molti nel Pdl continuano a non fidarsi del ministro dell’Economia.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.