Il Pd verso la battaglia finale: Bersani pronto a sfidare Veltroni

Sponsorizzato da D'Alema, il ministro ombra dell'Economia potrebbe sfidare il leader alla guida del partito subito dopo le Europee. In fibrillazione gli ex popolari, che avvertono il segretario: non moriremo socialisti

Lui, Pierluigi Bersani, in fondo sono almeno sei mesi che ci lavora. Era l'agosto scorso, il Pd celebrava la sua prima festa nazionale a Firenze e lui, ministro ombra alle Finanze, sul palco, mentre Umberto Bossi portava messaggi di pace al neonato partito in nome del federalismo, addentava un invero poco addentabile ministro vero alle Finanze Giulio Tremonti. Adesso, la candidatura di Bersani alla segreteria del Pd diventa sempre più cosa probabile. Prima è stata una riunione di ReD, l'associazione di Massimo D'Alema, a evocarla, presente il lìder Maximo. Oggi è stata la «Velina rossa» di Pasquale Laurito a divulgare la notizia, scatenando il dibattito nel Pd. In verità sembra difficile che ci possa essere l'accelerazione della «verifica» sulla leadership di cui parla la «Velina», e fonti vicine a D'Alema escludono che il tema della segreteria possa essere aperto prima delle europee. Ma proprio, il logorio interno, che più preoccupa Walter Veltroni. L'ipotesi di avviare la partita congressuale alla vigilia di una difficile campagna elettorale sarebbe assurda per il segretario ma, appunto, si tratta di un'eventualità poco probabile e lo stesso Bersani ha tenuto a precisare che c'è un «percorso chiaro» che prevede di andare «uniti e combattivi agli appuntamenti elettorali» e che fissa per «l'autunno» la «stagione congressuale». Insomma, se anche qualcuno ha cercato di pungolare l'ex ministro ad accelerare i tempi, pare evidente che la risposta è stata negativa. Bersani, però, non ha smentito la possibilità di una sua candidatura, che del resto era stata in qualche modo già annunciata all'indomani della direzione dello scorso 19 dicembre. Quell'ipotesi, a questo punto, diventa quasi una certezza. E anche alla riunione di ReD di ieri, raccontano, è stato lungo l'elenco delle lamentele sulla linea politica del partito, sullo stesso accordo per lo sbarramento al 4%. La battaglia si preannuncia campale, visto che c'è fibrillazione anche tra gli ex Ppi. Un autorevole dirigente ex popolare mette in fila quello che è successo nelle ultime settimane e precisa: «Quando vedo D'Alema che fa l'elogio di Hamas, che vuole ripristinare le vecchie cinghie di trasmissione con la Cgil... Beh, il punto è che c'è chi pensa di tornare indietro. Invece bisogna sapere che il Pd è una cosa nuova. E se si torna indietro non è detto che tutte le componenti restino le stesse...». Come dire: se il disegno è trasformare il Pd in un partito socialista, gli ex Popolari non ci staranno. E tantomeno ci starebbe uno come Francesco Rutelli, che da tempo guarda al centro, in casa Udc, senza nasconderlo. E forse non è un caso che oggi Franco Marini abbia voluto dire la sua sulla legge elettorale per le europee, ribadendo che per lui lo sbarramento al 4% va bene, epperò avrebbe preferito il 3%. Per questo lo stesso Veltroni ripete da settimane che un «ritorno al passato» sarebbe folle. Le spinte delle ultime settimane sembrano sempre più indirizzate a ricostituire le identità dei partiti di provenienza del Pd e il segretario teme che alla fine il processo non sia più governabile.

Di qui i continui appelli al senso di responsabilità e le sottolineature sul Pd «che è un progetto col respiro lungo». D'Alema, assicurano, ieri avrebbe chiesto a tutti di affrontare con spirito unitario la campagna elettorale della primavera, ma il bello verrà dopo.

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