«Penalizzati rispetto ai colleghi lombardi»

La buona notizia è che i tassisti di Milano, Bergamo e Varese, da quando è stato inaugurato l’aeroporto di Malpensa, sono stati unificati in un unico bacino «conurbato». Ovvero, la Regione ha deciso di unire i tre territori per far lavorare le auto liberamente e con reciprocità di carico. Senza nessuna barriera territoriale, per intenderci, e facendo in modo che un tassista di Milano possa andare a lavorare a Varese e viceversa. Con tanto di tariffe e turni, modellati su quelli meneghini, uguali per tutte le province e i comuni aderenti alla nuova grande «conurbazione». Peccato - e qui arriva la cattiva notizia - che mentre sono state rispettate le tariffe, la turnazione invece ha penalizzato i tassisti milanesi e avvantaggiato i vicini lombardi. Che possono scorrazzare nella città della Madonnina senza rispettare quell’ora di penalità, valida invece per tutti i colleghi milanesi quando viaggiano su Varese e Bergamo.
«Tutti avrebbero dovuto adeguarsi alla nostra programmazione settimanale - spiega Alberto Crippa, rappresentante insieme a Leonardo Longhino del Comitato spontaneo taxi di Milano che ha riunito 500 tassisti -, compresi i comuni della provincia. Ma così non è stato, perché oltre a tenersi i nostri orari, se ne sono aggiunti altri, costruendoseli ad hoc». E cioè, facendo in modo di poter lavorare - anche fuori dal proprio territorio - dieci ore consecutive invece che nove, come invece sono tenuti a fare i colleghi milanesi. In sostanza, la penalità che devono pagare i 5mila tassisti del capoluogo lombardo, e solo loro, rispetto ai seicento colleghi lombardi è uno stop di un’ora quando viaggiano su Varese e Bergamo. «La Regione ha stabilito che le auto impegnate fuori dal proprio Comune di appartenenza e dalla provincia, inizino un’ora dopo quella prevista dal turno», spiegano. Praticamente: io tassista milanese inizio il turno alle cinque del mattino fino alle 15. Porto un cliente a Malpensa e arrivo alle 5.30. Prima di riprendere il servizio però devo stare mezzora fermo, fino alle sei, in modo da arrivare a fine giornata con nove ore da conteggiare invece che dieci. Tradotto in cifre, un’ora in meno significa 20/30 euro al giorno che in un mese fanno circa 900 euro. Quasi uno stipendio. «I Comuni conurbati hanno fatto i turni in modo tale da lavorare con tutte le dieci ore», ripetono i tassisti. Senza contare, aggiungono i rappresentanti del comitato, che la maggior parte dell’utenza parte da Milano e va verso gli aeroporti di Varese e Bergamo.
A nulla sono valse le domande di chiarimento, le lettere scritte in Regione, all’antitrust, gli incontri con assessori ed esponenti politici. Giura Alberto Porta di non aver mai avuto risposte. «Ci siamo rivolti persino ad un legale per portare avanti la nostra battaglia. Non ci hanno dato alcuna spiegazione. Da lì abbiamo deciso di comunicare il tutto alla Commissione Europea chiedendo di suggerirci qualcosa, prima di fare interventi diretti».

I taxi per di più sono un’impresa privata, aggiungono i lavoratori e come tale devono sobbarcarsi di tutte le spese di mantenimento. «Siamo in difficoltà a maggior ragione in un momento in cui c’è una congiuntura economica sfavorevole. E queste scelte ci penalizzano ancora di più».

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