Mario Sechi
da Roma
Sono scesi in campo sfidando le ire dellopposizione. Come istituzione hanno difeso il Parlamento che fa leggi, come cittadini i loro profondi convincimenti morali. Un laico e un cattolico, un filosofo della politica e un professionista della politica, un attento studioso delle ideologie e un raffinato tessitore di relazioni,il presidente del Senato e il presidente della Camera, Marcello Pera e Pierferdinando Casini. Sono stati i bersagli di una campagna referendaria giocata dalla sinistra con colpi sotto la cintola. Piero Fassino aveva scelto di usare come scudo il voto di Ciampi per dire che le argomentazioni di Pera e Casini a sostegno dellastensione erano «deboli». Ieri il presidente della Camera ha colto la palla al balzo e, al tonfo del Sì, ha esternato: «Gli elettori italiani hanno compiuto una scelta libera in merito al referendum sulla procreazione assistita. Il popolo italiano si è espresso: ciascun elettore consapevole ha liberamente scelto se recarsi alle urne o esercitare il proprio diritto all'astensione». Fin qui, la parte istituzionale, poi un affondo, destinatario il segretario ds: «Chi ha seguito quest'ultima strada con piena cognizione, ha inteso difendere una legge del Parlamento che ha comunque colmato il vuoto normativo esistente. Non sta a me dare giudizi: mi auguro che, finita la campagna referendaria, ci sia in futuro maggiore rispetto per le persone e le opinioni».
Casini e Pera tessono una tela diplomatica ormai parallela. Leader di partito il primo, ideologo e punto di riferimento di unarea culturale che attraversa tutto lo schieramento del centrodestra il secondo, da mesi hanno costituito unasse inedito nella storia repubblicana. Il rapporto con il Quirinale da tempo non si basa più sulla vecchia versione del triangolo istituzionale, ma è dialettico e se Ciampi resta il punto di riferimento e lapice del triangolo, i due lati di Camera e Senato non giocano luno contro laltro ma intendono dire la loro sulla dimensione che di volta in volta il triangolo deve assumere. È unintesa che viene da lontano, dalla fine del 2004, quando il messaggio di Ciampi sulla riforma della giustizia toccò il delicatissimo tema del drafting legislativo. Le leggi sono scritte male e con troppi commi, disse Ciampi. Pera prese il messaggio del Quirinale, lo valutò, lo discusse, dedicò al tema una riunione straordinaria della commissione del regolamento del Senato. Il risultato fu lapidario: non vi erano profili di incostituzionalità per una pratica antica. Anche Ciampi, daltro canto, laveva a suo tempo utilizzata. Su questo punto si saldò lasse con Casini. Poco tempo dopo, la collisione tra Parlamento e Consiglio superiore della magistratura fu un altro banco di prova dellintesa. Quando il Csm pretese di farsi terza Camera dello Stato e arrogarsi il diritto di stoppare la formazione delle leggi con unopera di contrasto illegittima, Pera e Casini agirono allunisono, chiedendo a Ciampi - che è presidente del Csm - di far valere la sua moral suasion nei confronti di Palazzo de Marescialli. Casini non nascose la sua «irritazione», Pera mise in moto il suo staff di giuristi per ricordare al vicepresidente del Csm Virginio Rognoni che il Parlamento è sovrano e non possono esistere né pareri preventivi né veti da parte dellorgano di autogoverno della magistratura. Da quel momento in poi il rapporto tra Pera e Casini si è saldato anche sullamicizia personale. Sintonia che si riverbera sugli staff dei due presidenti che - anche quando non si sentono - sembrano naturalmente coordinati. I presidenti hanno una visione comune sul tema dei poteri forti e delle oligarchie irresponsabili. E Casini non aveva esitato a criticare i «poteri invisibili» proprio di fronte a una platea di industriali. Quei poteri di cui fa parte anche Antonio Fazio, governatore di Bankitalia che ieri è salito a Montecitorio per incontrare proprio lui, il tessitore Casini, per «parlare di temi economici». Lultima tappa della marcia dei due presidenti è stata quella del referendum sulla procreazione. Partendo da visioni del mondo differenti, da biografie distanti e esperienze diverse (lUniversità e la vita di partito), Pera e Casini sono giunti a conclusioni condivise: il tema della vita non è materia da referendum.
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