Perché la meritocrazia in Italia rischia di fallire

S’è parlato di «giornata storica», e una volta tanto quest’enfasi celebrativa appare adeguata ai fatti. «Giornata storica» quella in cui ha preso corpo l’idea di Mariastella Gelmini, ministro dell’Istruzione, di introdurre la meritocrazia in quel pachiderma statico e irrequieto insieme che è la scuola: affiancato, il pachiderma, a quella balena immobile (...)
(...) e sonnolenta che è l’amministrazione statale nel suo complesso. In un universo del tutti «ottimi», e delle promozioni di massa, a ranghi serrati, la signora ministro - cui va tutto il mio apprezzamento - intende introdurre un criterio che dovrebbe essere di banale buon senso ma che in Italia viene considerato rivoluzionario: il premiare i migliori, il consentire lo svogliato tran tran dei mediocri, il punire i mangiapane a ufo. È già stato spiegato, nei giorni scorsi, come sarà realizzata l’epocale innovazione. Secondo due modelli diversi, l'uno riguardante l'intero percorso scolastico dagli asili all’università, l'altro riguardante le sole scuole medie, sarà misurata la capacità degli insegnanti. E i bravissimi avranno uno stipendio in più. Una sperimentazione, per ora, da attuare durante tre anni in qualche decina di istituti a Torino, a Napoli, a Pisa, a Siracusa.
Auguro pieno successo all’idea di Mariastella Gelmini, ma so che l’ambiziosa impresa è irta d’insidie. Lo sa anche lei, sicuramente. Di solito mal ne incoglie ai ministri che buttano sassi nelle acque stagnanti dei pubblici uffici. Una decina di anni or sono un altro ministro dell’Istruzione ma di centrosinistra, Luigi Berlinguer, formulò un progetto che bene o male s’ispirava al riconoscimento del merito. Incontrò resistenze così accanite che dovette gettare la spugna. È possibile e forse probabile che quel progetto fosse sbagliato, e che avesse ragione Gianfranco Fini nel cavalcare la campagna per la sua bocciatura (il settimanale l’Espresso raffigurò in copertina il Berlinguer ministro con le orecchie d’asino)... Ma ho il sospetto che fosse, il progetto, inviso alle corporazioni della scuola soprattutto per qualche velleità antiegualitaria.
I commenti di sindacalisti che hanno accompagnato l’annuncio della Gelmini sono ispirati a cautela e alcuni anche al ben noto benaltrismo: in forza del quale «ben altri sono i problemi di cui vale la pena d'occuparsi». S’è sottolineato infatti che la conferma fino al 2012 degli scatti di anzianità cancellati inizialmente nella manovra finanziaria conta assai più del tentativo di meritocrazia. Non vorrei essere profeta di malaugurio. Ma presto, vedrete, saranno affacciati dubbi sulle modalità dell’operazione, sulla composizione delle commissioni cui verrà affidata la scelta dei bravi, gratificati con uno stipendio aggiuntivo, sull’influenza che sponsorizzazioni politiche o d’altro genere potranno in proposito avere.
Ho pubblicato di recente in una «stanza» una lettera che descriveva le agghiaccianti vicende d’un concorso per dirigenti scolastici, (2004) dal quale sono derivati migliaia di ricorsi in sedi amministrative, civili e perfino penali, con la sostanziale paralisi del mostruoso ingranaggio per accertare le idoneità. Questo immane oceano cartaceo ha prodotto prevalentemente appelli al Tar o al Consiglio di Stato o a chissà cos’altro. La guerra o guerriglia delle strutture burocratiche contro il merito è incessante, e di solito premiata dalla vittoria.
In «Sprecopoli», un libro da me scritto con Nicola Porro abbiamo raccontato, a proposito di meritocrazia, quanto segue: «S’era pensato (al ministero dell’Economia) di premiare quei funzionari che dimostrassero particolare abilità nel potare le spese e combattere l’evasione fiscale. L’idea era stata del primo governo Prodi, poi Berlusconi l’aveva fatta sua.

Sapete cosa è accaduto? Che quasi tutti i funzionari beneficiarono del premio, divenuto un’aggiunta automatica allo stipendio e oggetto di grande invidia da parte del personale di altri ministeri. I sindacalisti del Tesoro avevano addirittura chiesto che l’elargizione meritocratica precedesse il risultato del lavoro dei singoli».
E allora? Tanti auguri signora Mariastella Gelmini. Di cuore.

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