Personale Sala delle Cariatidi

«Inter/vallum» è l'ultimo progetto di Roberto Ciaccio, natali romani ma milanese da sempre. Siamo in quell'indefinibile territorio in cui l'architettura sconfina nella scultura e quest'ultima nella musica. L'artista sessantenne definisce «sospesa» la sua poetica. Sospeso è di certo lo spazio in cui ha realizzato la sua opera, quella Sala delle Cariatidi che - dice Ciaccio - «è abisso temporale di memorie storiche e individuali, intrecciarsi di vissuti e di tempo nell'aprirsi di una spazialità oscura interna alle lastre, soglie percettive e “partiture“ di tempo». Complesso? A parole, forse sì. Comunicano in maniera molto più immediata le opere esposte fino al 20 novembre a Palazzo Reale in una mostra a ingresso gratuito organizzata da Elena Tettamanti e curata dal filosofo Remo Bodei, dall'architetto Kurt W. Forster e da Arturo Schwarz e co-prodotta da Palazzo Reale e Skira. Nella Sala delle Cariatidi sono esposte installazioni site specific impreziosite, per l'anteprima di ieri sera nell'ambito di MiTo, dall'esecuzione straordinaria del concerto “Mantra“ di Karlheinz Stockhausen con i pianoforti di Antonio Ballista e Bruno Canino. Ciaccio presenta composizioni diverse: vi sono lastre metalliche di grandi dimensioni e di colori cangianti (dal ferro al rame, passando per l'ottone e lo zinco) ma anche leggere opere su carta, dove l'artista dimostra quanto la felice collaborazione con il raffinato stampatore Giorgio Upiglio si stata feconda. Le grandi lastre, le tavole su carta ma anche i piccoli fogli incisi si aprono l'uno sull'altro come originali scenografie sui molteplici interessi dell'artista: la filosofia, la musica, l'architettura. Luce e oscurità, pieno e vuoto, ombra e presenza, tempo e fissità sono alcuni dei dualismi su cui si concentra l'opera di Roberto Ciaccio, qui a Milano alla terza tappa di un felice percorso concettuale iniziato a Roma e a Berlino. Cuore dell'esposizione sono le “Reventants della Suite Cariatidi“, con il loro affascinante gioco di rimandi tra le sculture erose dal tempo e dalla storia e gli specchi della sala, che non sono solo quelli presenti nell'arredo, ma anche le superfici delle opere poste su appositi leggii oppure, come quelle in rame, lucide e perfettamente specchianti, direttamente sul pavimento. Il visitatore vive dentro un intervallo: senza tempo né dimensione, è sospeso.

Per orientarsi deve lasciarsi prendere per mano dalla luce che si riflette sulle lastre, moltiplica la percezione del luogo replicando infinite volte l'architettura della sala delle Cariatidi. Ecco allora che il visitatore è trascinato dentro questa illusoria visione, e difficilmente può restarvi indifferente.

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