Il piacere liberale di passeggiare in via Hayek

Non lontano dallo stadio milanese abbiamo via Carlo Marx e, a due passi, c’è perfino via Federico Engels. In un’Italia ricca di viali dedicati all’Unione Sovietica, la toponomastica ci riporta alla mente un mondo in cui i costruttori di disastri passavano per profeti. Fa quindi piacere che, su iniziativa dell’assessore Massimiliano Finazzer Flory, il comune di Milano abbia deciso di dedicare una nuova via della Bicocca a Friedrich von Hayek, uno dei più significativi economisti liberali del Novecento.
Nato a Vienna nel 1899 e morto a Friburgo nel 1992, Hayek ha attraversato il Ventesimo secolo richiamando costantemente l’attenzione sui limiti della ragione umana. Allievo di quell’altro grande liberale che fu Ludwig von Mises, Hayek ha sviluppato in termini originali la critica del maestro verso i sistemi sociali collettivisti. Grazie ai suoi lavori, la cultura contemporanea ha avvertito l'esigenza di rigettare ogni presunzione e ha compreso l’urgenza di sottrarre la società alle logiche della pianificazione centralizzata.
Al centro di alcuni suoi influenti saggi c’è un’idea cruciale: e cioè che la conoscenza umana è dispersa, così che ognuno di noi ne dispone solo di una quota piccolissima. Egli non pensa unicamente al sapere scientifico (di carattere generale), ma anche e soprattutto a quelle informazioni specifiche, di tempo e di luogo, che hanno a che fare con i mille aspetti - del tutto ordinari - del mondo in cui viviamo. Tale considerazione lo porta a sottolineare come nessuna autorità centralizzata (governo, agenzia, ministero) sia in grado di raccogliere e riunire queste nozioni disperse, che pure sono indispensabili per decidere in modo razionale. Solo il mercato, che lascia a ogni singolo la facoltà di utilizzare al meglio le proprie informazioni, è in grado di valorizzare questo sapere diffuso. (è interessante rilevare come Jimmy Wales, l’inventore dell’enciclopedia on-line Wikipedia, abbia deciso di creare quel sito proprio dopo aver letto un testo dello studioso austriaco).
Nel 1944 Hayek pubblica un saggio di grande successo, La via della servitù, in cui denuncia il legame tra il welfare State e i regimi totalitari. E tre anni dopo egli convoca in un piccolo villaggio svizzero alcuni tra i migliori studiosi liberali del tempo, insieme ai quali dà vita alla «Mont Pèlerin Society», un’organizzazione volta a far dialogare quanti erano interessati al destino della libertà individuale e alle ragioni di una società di mercato.
Nel 1974, quando ormai è anziano, egli viene insignito del premio Nobel e insieme a lui è premiato Gunnar Myrdal, che nei suoi scritti aveva sempre spinto in una direzione opposta. Dell’economista scandinavo, però, oggi resta poco e quando si parla di lui e della moglie Alva spesso lo si fa, pure a sinistra, per ricordare con orrore il ruolo che i coniugi ebbero nell’eugenetica svedese. È un nome che ricorda un passato inglorioso: come succede a Marx e Engels.


In questo senso, il caso dello studioso austriaco è proprio differente, e la sua battaglia contro i socialisti di ogni colore è attuale più che mai. Sarà piacevole leggere qualche sua pagina per le strade di Milano: passeggiando in via Hayek.

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