Milano - Pasquale Pistorio, presidente Telecom, scende in campo per lanciare alcuni messaggi al governo, e per farlo sceglie un convegno dei Ds a cui partecipa anche il ministro Pierluigi Bersani: se si farà la separazione della rete - avverte - bisognerà dare qualcosa in cambio a Telecom correggendo delle «asimmetrie». E in secondo luogo, considerato che «in nessun Paese europeo l’Autorità ha imposto la separazione funzionale della rete», Pistorio chiede che il Parlamento non dia all’Authority italiana il potere di imporlo a Telecom mentre c’è una trattativa in corso.
Pistorio gioca dunque la partita cercando di mantenere i margini di trattativa che Telecom si è conquistata fino ad oggi, ma evitando lo scontro: la società, ha detto, «a tutti i livelli, a cominciare dal suo cda, è impegnata a fare in modo che il dialogo vada avanti. Naturalmente la nostra azione sarà guidata dalla tutela degli interessi dei nostri clienti e dei nostri azionisti». E, «naturalmente», Pistorio chiede che se ci sarà la separazione della rete, ci sia in parallelo anche «una marcata liberalizzazione dei mercati al dettaglio e la rimozione di una serie di altri obblighi asimmetrici che cercavano di correggere il vantaggio derivante a Telecom Italia dal controllo dell’ultimo miglio. Venuto meno questo vantaggio - ha sostenuto il presidente di Telecom - deve cadere anche l’asimmetria degli obblighi».
Ma c’è un problema: il ruolo dell’Authority. «Il governo ha presentato un emendamento al disegno di legge sulle liberalizzazioni, che autorizza l’Agcom a imporre la separazione funzionale anche nel caso in cui non raggiunga un’intesa con Telecom - ha notato Pistorio -, sempre che sia dimostrata l’esistenza di circostanze eccezionali e dopo l’approvazione della Commissione europea. La proposta del governo modifica il contesto negoziale, riducendo gli spazi di manovra per Telecom» cui Pistorio non intende rinunciare. «Come è noto - ha ricordato - le norme europee sul settore delle comunicazioni non includono la separazione fra gli obblighi che l’Authority può imporre agli operatori dominanti. Questo è stato l’esito di un lungo dibattito che portò a concludere che nelle Tlc, a differenza di altri settori come l’energia, la separazione ha costi certi e significativi ma benefici assai incerti per quanto riguarda la maggiore concorrenza. Di conseguenza in nessun Paese europeo, neppure in Gran Bretagna, l’Autorità ha mai imposto la separazione funzionale: nel Regno Unito si è trattato di una scelta volontaria di British Telecom, al termine di un negoziato con l’Authority, che è quanto vorremmo vedere succedere anche in Italia».
Insomma, trattiamo, ma lasciateci margini di manovra: nel settore la concorrenza sta aumentando («Avremmo auspicato che l’Autorità riconoscesse più esplicitamente i successi da lei stessa ottenuti con la liberalizzazione e approfondisse le misure di deregolamentazione del mercato» ha detto Pistorio) e Telecom vuole avere le mani libere per condurre la sua battaglia per la conquista del cliente.
E, sempre sulla questione-rete (o meglio, su quella della sua proprietà) è intervenuto ieri il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, che ha sostenuto che l’italianità della rete non è «un problema reale, ma di immagine: il problema è che siamo molto indietro sulla velocità di connessione della rete. Chi la sa fare ben venga, che siano americani o messicani». E, Wind, che è egiziana, ha in gestione la telefonia mobile dello Stato italiano, ha ricordato Catricalà.
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