Plinio: «Via la targa a Togliatti, complice delle purghe di Stalin»

«Cancelliamo via Palmiro Togliatti». Una sola frase, scritta su un biglietto. È quella che Gianni Plinio chiede ai genovesi di spedire per posta al sindaco Marta Vincenzi, ripredendo l’appello al rispetto della storia oltre che dei morti, lanciato proprio ieri dal Giornale. Una sorta di petizione indiretta per intasare la cassetta delle lettere del sindaco e far capire che i «complici dei dittatori» non meritano di essere onorati dalla città che si vanta di essere patria dei diritti.
Il responsabile sicurezza del Pdl ligure ricorda quello che la storia ha appurato a proposito dello storico segretario comunista nato proprio a Genova: «Quella che indica via Togliatti è una targa che non fa onore a Genova - incalza Plinio -. La complicità del leader comunista nelle feroci purghe staliniane è stata così inoppugnabilmente accertata da indurre lo stesso segretario Ds Piero Fassino a condannarla qualche anno fa. Togliatti fu un entusiasta sostenitore della invasione dell'Ungheria da parte dei carri armati sovietici nel 1956 e vergognosa fu l'apologia di Stalin che fece alla Camera dei Deputati nel 1953 in occasione della morte del sanguinario dittatore comunista. Per non dire delle ombre che continuano a gravare su un suo scritto del 1943 circa la sorte da riservare ai soldati italiani prigionieri in Russia. So che una iniziativa analoga è in atto Bologna su input del deputato Pdl Fabio Garagnani e spero che altre possano avviarsi in tutte le città italiane in cui esiste una via Togliatti che potrebbe essere sostituita da via vittime del comunismo».
Anche perché la toponomastica cittadina sembra meritare una bella bocciatura in storia. Sempre che di ignoranza si tratti e non già di volontaria malafede da parte di chi ha fatto incidere le targhe commemorative. «La targa stradale dedicata in Albaro a Emanuele Strasserra ove si legge Caduto per la Libertà - conclude infatti Plinio - andrebbe integrata con assassinato da partigiani comunisti.

Fu, infatti, massacrato insieme ad altri quattro partigiani bianchi e a due mogli di questi ad opera di partigiani comunisti guidati da Francesco Moranino detto Gemisto (successivamente deputato del Pci) che la Corte di Assise di Firenze, nel 1956, per questo eccidio condannò all'ergastolo salvo ottenere successivamente la grazia dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. La toponomastica per risultare utile deve essere prima di tutto seria».

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