
“Cyrus the Great is alive!”. Ossia: “Ciro il Grande è vivo”. Questa la scritta che accompagna le bandiere di Usa e Israele e soprattutto l’immagine di Donald Trump - accolto con grande entusiasmo a Tel Aviv dopo l’accordo per Gaza – in diverse zone del Paese. Il riferimento è all’imperatore persiano, il sovrano che liberò gli ebrei dall’esilio babilonese per farli tornare a Gerusalemme e costruire il Tempio. Ma perché questo parallelo?
In Israele hanno tenuto subito a precisare che non si tratta di un semplice slogan, ma di un dato di fatto. Il paragone tra Trump e Ciro il Grande è citato da diverso tempo e non potrebbe essere diversamente in due Paesi profondamente influenzati dalla tradizione biblica. Nato attorno al 590 a.C. da Mandane, figlia del re dei Medi Astiage, e dal nobile persiano Cambise, Ciro il Grande rappresentava una minaccia per il nonno Astiage, che ne ordinò la uccisione convinto da una profezia che lo vedeva destinato a spodestarlo. Salvato da questa minaccia, Ciro crebbe e, una volta adulto, rovesciò Astiage, unificando i regni di Medi e Persiani intorno al 550 a.C.
Dopo la conquista del potere, riportano fonti antiche, Ciro si distinse per la sua abilità militare, ma anche per un approccio politico relativamente aperto verso i popoli sottomessi. Non solo rispettava le religioni locali, ma integrava le élite nelle strutture del nuovo impero. Il suo regno si estese dall’Asia centrale fino al Mar Egeo. La conquista più celebre di Ciro fu quella di Babilonia, nel 539 a.C., città nella quale – secondo la tradizione biblica – si trovava in esilio il popolo ebraico dopo la distruzione del Primo Tempio di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor, nel 587 a.C. La Bibbia racconta che Ciro permise agli Ebrei di tornare nella loro terra e ricostruire il Tempio. Questo gesto lo consacrò nella memoria ebraica come un liberatore e la sua figura è ancora oggi associata alla nozione di sovrano giusto e tollerante.
Come spiegato da Ynet, Trump ha svolto lo stesso ruolo di Ciro il Grande. “Quando gli altri esitavano, lui agiva. Quando il mondo dubitava, lui manteneva la parola” il mantra. A partire dal riconoscimento ufficiale di Gerusalemme come capitale di Israele, dove vi trasferì l’ambasciata a stelle e strisce, passando per la mediazione degli Accordi di Abramo e infine l’accordo per Gaza. Israele non ha dubbi: Trump ha fatto di più per la sicurezza e il futuro di Israele di qualsiasi altro leader a memoria d'uomo. La pace, soprattutto in Medio Oriente, non arriva mai per caso.
Ci vogliono chiarezza, coraggio e qualcuno disposto a spingere il masso in salita quando il mondo dice che non si può fare, la sottolineatura di Mark Evans. Il paragone con Ciro il Grande è dunque legato al valore simbolico attribuito ad alcune decisioni politiche di Trump ritenute determinanti per la sicurezza e il riconoscimento di Israele.