Il saccheggio delle donazioni: ai poveri solo due euro su 10

Il libro di Nuzzi rivela: centinaia di milioni dell'Obolo di San Pietro usati per la Curia anziché per i poveri. E i bilanci sono tenuti segreti

Il saccheggio delle donazioni: ai poveri solo due euro su 10

Roma - Un bilancio segretissimo, un dossier di 29 pagine della Segreteria di Stato Vaticana che ricostruisce il percorso tortuoso del flusso di denaro che dalle tasche dei fedeli finisce nel fondo per la carità del Papa, il cosiddetto Obolo di San Pietro. Viene svelato anche questo documento nel libro di Gianluigi Nuzzi Via Crucis , da oggi in libreria per Chiarelettere. «Per ogni 10 euro, nel 2013/2014, soltanto 2 venivano utilizzati per le opere di carità», denuncia il giornalista Mediaset nel volume, ricostruendo, attraverso la pubblicazione di lettere ed email riservatissime, le resistenze e il lungo iter burocratico affrontato dalla Cosea (la commissione d'inchiesta sulle finanze vaticane voluta da Papa Francesco nel luglio 2013 e della quale facevano parte i due presunti «corvi» Vallejo e Chaouqui) per ottenere dagli uffici competenti un resoconto dettagliato sulla ripartizione del denaro versato all'Obolo.

«Le offerte per i poveri rimangono un buco nero: un segreto assoluto su come vengono spese le somme -scrive Nuzzi- E solo un rendiconto su quanto si incassa, evitando così di dover contabilizzare gli importi nei bilanci ufficiali». Ma nel libro viene svelato il documento della Segreteria di Stato, il «Venerato bilancio»: «La colletta - si legge nel documento riservato- viene utilizzata per le iniziative caritative e/o progetti specifici del Santo Padre (14,1 milioni), per la trasmissione delle offerte con specifica finalità (6,9 milioni) e per il mantenimento della curia romana (28,9 milioni). L'autore segnala anche che 6,3 milioni erano destinati al Fondo Obolo che nel 2013/2014 valeva 377,9 milioni di euro, distribuiti in dodici banche diverse.

Con i conti in rosso della Curia, Nuzzi segnala che la Segreteria di Stato ogni anno deve reperire ingenti capitali che preleva dalle offerte dei fedeli al Papa; sempre nel documento riservato si legge: «La Segreteria di Stato è quindi costretta ad attingere, annualmente, alle risorse proprie dell'Obolo di San Pietro, sottraendone una consistente parte per il mantenimento della curia romana, soprattutto a copertura dei costi del personale ivi impiegato che rappresenta la voce di spesa più consistente. La Segreteria di Stato ha assunto il ruolo di ente finanziatore mediante l'utilizzo improprio dell'Obolo».

Il presidente della Cosea, Joseph Zahra, per ottenere il documento, aveva inviato una lettera persino al Papa nel gennaio 2014 per chiedere al Pontefice «indicazioni su questo argomento» considerato che «la Segreteria di Stato non è disposta a mettere a disposizione le informazioni finanziarie su tutti gli account (tra cui appunto l'Obolo, ndr)». A scrivere a Francesco però nel giugno del 2013, prima della nascita della Cosea erano stati anche i revisori internazionali della Prefettura degli Affari Economici, di cui Vallejo Balda era il segretario. Nel documento sottoposto al segreto pontificio, gli esperti denunciavano la «quasi totale assenza di trasparenza nei bilanci della Santa Sede e del Governatorato, una scarsa gestione finanziaria generale all'interno del Vaticano e costi fuori controllo».

Dopo la presentazione del libro di Nuzzi, il portavoce vaticano Padre Federico Lombardi ha voluto fare alcune precisazioni, parlando di «pubblicazione alla rinfusa di una grande quantità di informazioni differenti, in gran parte legata a una fase di lavoro ormai superata».

Lombardi parlando proprio dell'Obolo di San Pietro ha spiegato che: «Le opere di carità del Papa per i poveri sono una delle finalità essenziali, ma non è certo intenzione dei fedeli escludere che il Papa possa valutare egli stesso le urgenze e il modo di rispondervi. Il servizio del Papa -ha precisato il direttore della Sala Stampa Vaticana- Comprende anche la Curia Romana, in quanto strumento del suo servizio».

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