Le 15 coop dalle «uova d'oro»: 100 milioni lucrati sui profughi

Aprono centri di accoglienza straordinari con appalti dati dalle prefetture. E partecipano a più bandi in tutta Italia

L a storia insegna che quando la miniera rivela una vena d'oro, i cercatori ci si fiondano. Gli affari sono affari e vale anche per il business dell'immigrazione. Gli 85mila profughi sbarcati in Italia quest'anno sono già nel circolo delle cooperative e altri ancora ne arriveranno. Il piatto è ricco e fa gola a molti. E così alcune associazioni, più di altre, hanno capito che con l'emergenza migranti i fatturati si possono gonfiare. Come? Partecipando ai bandi di più regioni contemporaneamente. Sono loro i veri «polipi dell'accoglienza». Un pugno di coop cui lo Stato assegna circa 100 milioni di euro all'anno.

Nel sistema malfermo dell'emergenza italiana, il vero pozzo senza fondo sono i Centri di accoglienza straordinari (Cas) coordinati dalle prefetture. Le coop più voraci nell'accaparrarsi i finanziamenti sono una quindicina. Prendete la Liberitutti di Torino: nata nel 1999, dice di aver come obiettivo «il rilancio di territori in forte crisi». Sarà per questo che il suo nome appare sulle scrivanie di sette diversi prefetti. Gli incassi percepiti sono da capogiro. Da Torino, solo nel 2015, nelle sue tasche sono finiti 893.400 euro. Netti. L'importo nel 2016 si è fatto più grosso: 4.945.017 euro (in parte da spartire con la «sorella» Crescere Insieme). Ad oggi la prefettura dichiara di averne versati «solo» 237.322, ma per far lievitare il fatturato basta attendere. Oppure allargare i propri confini. Quest'anno infatti Liberitutti dal Nord è scesa fino a Palermo come Garibaldi con i Mille. Mille motivazioni per farlo, anzi: migliaia. Come i soldi che ruotano attorno ai centri profughi che ha sparsi in tutto il Paese: Alessandria (56mila euro), Genova (267.597 euro) e Cuneo (218.396 euro). Il totale? In due anni 1.301.389 euro già incassati e ancora in ballo altri 7,6 milioni.

Per carità: ci sono anche le cooperative cui non serve spostarsi molto per generare fatturati invidiabili. La Pietra alta da Biella si è allargata solo a Cuneo e Torino e nel 2016 ha messo insieme appalti del valore di 2,2 milioni. Oppure Caleidos di Modena, che rimanendo legata al suo territorio si è vista assegnare 8.450.729 euro. Ma la strategia che paga di più è quella della Versoprobo di Vercelli. Il motto: puntare su «strutture che possano ospitare numeri considerevoli di persone» e rivolgersi a più Regioni. Chi più profughi ha, più ne prenda. E così nel 2016 conquista appalti da Savona a Palermo, passando da Verbano, Biella e Asti. Poi ci sono gli importi stellari: 1,1 milioni a Torino, 1,6 milioni ad Alessandria, 444mila a Varese e 668mila euro incassati da Novara. Sommando solo i dati resi pubblici da alcune prefetture, Versoprobo l'anno scorso si è aggiudicata oltre 4,4 milioni di euro. Una vera fortuna.

La dea bendata da anni bacia senza sosta anche Domus Caritatis (investita da Mafia Capitale), Tre Fontane e Senis Hospes. Le prime due fanno parte del consorzio Casa della Solidarietà, che a sua volta rientra nel circuito di La Cascina. Un castello di società attorno a cui ruotano ancora diversi milioni di euro l'anno. Sono gli affari d'oro dei consorzi e delle loro consorziate. Codeal, per citarne uno, oltre all'importo da 1.406.590 vinto a Torino, con la sua rete ha messo le mani pure sull'accoglienza nei dintorni di Lodi e Asti e nel 2017 ha tentato la fortuna a Piacenza. Tra le associate spicca la Leone Rosso, coop di giovani che ad Aosta registra circa 133 migranti e che a Torino nel 2016 aveva una convenzione da 542mila euro. Per non farsi mancare nulla, la prefettura di Modena gli aveva riservato (in coppia con L'Angolo) un milione e 360mila euro (518mila già liquidati). Il consorzio Agorà, invece, solo a Genova si è aggiudicata oltre 5,8 milioni di euro, incassandone per ora 2,8 milioni. L'anno precedente era stato altrettanto prolifico, con 2.505.513 euro portati a casa. Sarà un caso che nel 2015 il fatturato aggregato è cresciuto del 15% rispetto al 2014?

È il magico potere dei profughi. Ne sa qualcosa la Lai Momo di Sasso Marconi, ridente cittadina alle porte di Bologna. La società nasce come casa editrice «di comunicazione sociale e educazione al dialogo interculturale». Poi però da dieci anni «in modo progressivo» ha incrementato l'attività «nel campo dei servizi per l'immigrazione». E che incremento! Nel 2016 coordinava (con altri) l'hub regionale Centro Mattei, gestiva 31 Cas nell'hinterland bolognese, collaborava con altre coop alla gestione di ulteriori due centri e partecipava pure al progetto Sprar. Facciamo i conti? L'anno scorso dalla prefettura ha ricevuto 832.339 euro e si è dovuta spartire con altre colleghe 6,8 milioni di euro.

In fondo il bilancio parla chiaro: il fatturato è passato da 3,2 milioni di euro nel 2015 a 5,3 milioni nel 2016. Con un utile di esercizio di 883.992 euro. Perché nell'affare dell'accoglienza si distingue chi ha le mani in più piatti. E in questo sport alcune coop non hanno rivali.

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