Caos pensioni a Berlino: "Sono troppo basse, alto il rischio povertà"

L'ex ministro del lavoro Blüm: "Il sistema non è più sicuro". E la Germania ridimensiona le previsioni di crescita per il 2015

Caos pensioni a Berlino: "Sono troppo basse, alto il rischio povertà"

Berlino - Atene piange ma Berlino non ride. Due settimane fa il Consiglio degli esperti economici della Germania, organo di consulenza del governo, ha abbassato le previsioni per la crescita dall'1,9 all'1,2% nel 2014 e all'1% per l'anno a venire. Il governo Merkel ha fatto spallucce spiegando che si tratta solo di una fase della congiuntura e ha ricordato la solidità del sistema. Altri nuvoloni sono però in arrivo, e sebbene la tempesta sia ancora lontana non c'è da stare sereni. Perché secondo l'esponente cristiano democratico Norbert Blüm il sistema previdenziale fa acqua. «Le pensioni non sono sicure, il loro livello è troppo basso» e troppo vicino ai sussidi concessi dallo Stato ai bisognosi. Blüm se ne intende visto che è stato ministro del Lavoro dal lontano 1982 fino al 1998. Il ministro ha anche accusato la dirigenza del Paese di miopia, asserendo che l'attuale ricchezza dell'Inps tedesca impedisce di vedere i problemi di domani.

Le sue parole sono risuonate tanto più gravi perché pronunciate per celebrare il 125esimo anniversario della fondazione del sistema previdenziale nazionale. Era il 1889 quando il cancelliere Otto von Bismarck dotava l'Impero tedesco di un vero e proprio sistema pensionistico facendo della Germania un Paese all'avanguardia nel mondo per la tutela sociale.

Dai tempi del Bismarck le cose sono molto cambiate: si campa in media il doppio e si fanno molti meno figli. Negli ultimi 25 anni, spiega Anika Rasner, esperta di politiche sociali dell'Istituto tedesco per la ricerca economica (Diw), in Germania si è lavorato su tre assi per rendere le pensioni sostenibili: innalzare l'età pensionabile a 67 anni; diminuire la zavorra sulle generazioni a venire; sostenere le pensioni private. «Per sollevare i giovani si è molto abbassato il tasso di sostituzione delle pensioni (la percentuale rispetto al reddito medio, ndr ) portandolo dal 51 progressivamente al 43%. E oggi siamo ancora al 48%. La conseguenza è che in molti che hanno lavorato bene e a lungo si ritroveranno domani con poco più della minima. Prospettive peggiori hanno tanti giovani che alternano periodi di impiego a fasi di inattività». Ecco perché Rasner si dice «d'accordo con Blüm: di questo passo pochi pensionati al sicuro e tantissimi altri a rischio povertà per non aver potuto investire in una pensione integrativa». Problemi ai quali si aggiunge l'allungamento dell'aspettativa di vita (comune a tutto l'Occidente) aggravati in Germania dalla mancanza del trattamento di fine rapporto. Né l'immigrazione può rappresentare una risposta, aggiunge l'esperta. «Ci vorrebbero troppi immigrati per colmare il gap demografico: non è politicamente fattibile. Senza dimenticare che anche gli stranieri, un giorno andrebbero in pensione: il problema sarebbe solo posticipato». La priorità oggi è un'altra: «Impedire che le pensioni scendano troppo per evitare una crisi di fiducia nel sistema». E la recente riforma Nahles che ha concesso più soldi alle madri pensionate, e dato la possibilità ai lavoratori con 45 anni di contributi di andare in pensione a 63 anni? «Formalmente atti di giustizia sociale ma in effetti si tratta di due scelte molto costose per il sistema previdenziale tedesco», risponde Rasner.

I politici hanno voluto premiare i loro elettori «dando ricchi benefici a poche persone. Meglio sarebbe stato lavorare per prevenire la povertà dei pensionati e per rendere fiscalmente appetibile il sistema delle pensioni integrative».

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