Abidal e la sua battaglia contro il cancro. "Leo mi disse: vederti ci fa stare male"

Lo sfogo: "Mandai un video da malato, ai loro occhi ero un cadavere"

Abidal e la sua battaglia contro il cancro. "Leo mi disse: vederti ci fa stare male"

La verità è che Messi ha ragione. Crudelmente e brutalmente ragione. Non avrebbe dovuto dirlo, ma è così, come dice lui. Vivere con chi sta male non solo ti deprime ma ti distrugge. La persona che hai di fronte si prosciuga lentamente, diventa quasi essenziale nei lineamenti, lo sguardo si fa immenso, è la persona che conosci da sempre, con cui hai vissuto fianco a fianco fino a ieri, ma non la riconosci più, non è più lei. Ha quella voce, il suo modo di muoversi, di parlare, ma tutto sembra non appartenergli. Se provi ad immedesimarti poi ti senti anche peggio. Non ti fa coraggio che ti faccia coraggio, ti demolisce e basta perchè il suo di coraggio non ce l'hai e il tuo non basta nemmeno a te. E quel poco non glielo puoi passare nemmeno se vuoi. E così è lui nelle immagini che spedì ai compagni, ormai sette anni fa: la maglietta bianca troppo grande, gli occhi spaventati, le flebo sulle braccia. C'è da capire cosa i due, sia siano detti veramente perchè l'ultima polemica, se di polemica si tratta, resta un po' controversa nei detti e contraddetti. Ma la forma non cambia la sostanza. Dei due uno è Leo Messi, quello che conosciamo tutti, il più forte giocatore del mondo. L'altro è Eric Abidal, francese della Martinica, trentanove anni adesso, che del Barcellona è stato capitano una notte sola, a Wembley il 28 maggio del 2011, finale di Champions League: fu lui a sollevare la coppa dopo il tre a uno al Manchester United. Carlos Puyol, il vero capitano, lo scortò lungo le scale che portano alla tribuna della premiazione, si tolse la fascia dal braccio e la mise su quella di Eric: «È tua, alzala tu questa coppa». Due mesi e mezzo prima era stato operato di un tumore al fegato. Quando passò a trovare i compagni e l'allenatore Pep Guardiola, prima di entrare in ospedale, abbracciandolo, erano convinti che non l'avrebbero rivisto più. Lui disse: «Non starò via molto... ».

Abidal si è ritirato dal calcio da quattro anni: «Diventerà il nostro ambasciatore - aveva azzardato il vicepresidente del Barcellona Carles Vilarrubi - il simbolo dei nostri valori». Invece se ne andò, lamentando che durante «i mesi in cui sono stato malato il club non mi ha nemmeno pagato». Poi si corresse. Anche adesso, dopo l'uscita su Messi si è riveduto e corretto. «Un dolore che ricorderò per tutta la vita, come un coltello in una ferita aperta - ha raccontato la sua malattia in un'intervista a Canal Plus, per lo speciale La mia parte d'ombra - Quando il dottore mi disse che avrei dovuto fare un'operazione ero felice. É una sofferenza che non auguro a nessuno».

Ma non è questo che fa scandalo. Spiega che durante il periodo buio, inviò un video alla squadra prima di una partita, «dicendo loro che non dovevano preoccuparsi per me. Ero molto magro. Sapete cosa mi disse Messi? Non ce lo dovevi mandare, ci ha fatto male». Non si capisce, a guardare l'intervista, se sia incazzato o se voglia invece dire immaginate com'ero ridotto, pensare a quant'ero grave. Era come per dire, ehi ragazzi, buona fortuna. Ma per loro ero come un cadavere in piedi e li buttavo a terra». Su twitter, appena le sue parole hanno cominciato a fare rumore, ha precisato «Leo aveva detto che non gli piaceva vedermi così, ma in nessun momento ha mai detto parole cattive contro di me».

Quando andò a trovarlo il connazionale Henry, che allora giocava nei New York Red Bulls, «piansi come un bambino: ero contento che venisse a trovarmi, ma non avrei voluto che mi vedesse in quello stato». Abidal ce l'ha fatta. Il suo incubo è diventata favola. La fortuna sarebbe dimenticare tutto. Ma se non si può.

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