Aborto, il Lazio discrimina gli obiettori

Assunti medici per garantire le interruzioni di gravidanza. Lorenzin: «Diritti violati»

Aborto, il Lazio discrimina gli obiettori

Roma Le donne hanno il diritto di abortire e i medici quello di appellarsi all'obiezione di coscienza. È sulla garanzia di questi due diritti che si consuma uno scontro feroce che vede al centro del confronto soprattutto un principio, una norma emanata oramai quasi quarant'anni fa e confermata da una consultazione popolare. Questa norma prevede che il servizio sanitario nazionale debba garantire alle donne la possibilità di interrompere la gravidanza in una struttura pubblica. É proprio per garantire questo principio che l'ospedale di Roma San Camillo, con il via libera ovviamente della Regione Lazio, ha indetto un bando di concorso per assumere due medici, precisando che non dovevano essere obiettori di coscienza, debbono quindi essere disposti ad effettuare aborti. Contro questo bando è stato pure presentato un ricorso al Tar che però è stato giudicato infondato dai giudici amministrativi. E quindi i due medici saranno assunti nel mese di marzo e non potranno rifiutarsi di effettuare aborti. Se lo faranno rischieranno di essere licenziati visto che il bando era specifico.

Ed è a questo punto che si riaccende uno scontro che tra alti e bassi non si è mai spento. Da un lato c'è il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, che ricorda di avere l'obbligo di «affrontare il grande tema dell'attuazione vera della 194 nei modi tradizionali e anche sperimentando forme innovative di tutela di una legge dello Stato che altrimenti verrebbe disattesa». Le cifre danno ragione a Zingaretti. Nel Lazio oltre l'80 per cento dei ginecologi è obiettore di coscienza dunque in alcuni ospedali è semplicemente impossibile garantire le igv. Una situazione che riguarda molte regioni e che porta ad una media nazionale di 7 medici su 10 obiettori.

Se al fianco di Zingaretti si schierano Pd e radicali contro questa decisione è già sceso in campo il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che interpellata sulla questione ha definito il «bando discriminatorio perchè la selezione non è prevista dalla norma» ricordando anche che non è ammissibile l'ipotesi di licenziare un medico che si rifiuta di praticare aborti perché si violerebbe un principio costituzionale. E anche un presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli, ritiene di «dubbia legittimità» un concorso che escluda gli obiettori. Al fianco della Lorenzin tutto il mondo politico cattolico che appoggia la ferma condanna espressa ieri dalla Conferenza Episcopale. Ad attaccare Zingaretti è Don Carmine Arice, direttore dell'Ufficio nazionale per la pastorale della salute, che parla di uno snaturamento della legge 194 che, dice il prelato «non aveva l'obiettivo di indurre all'aborto ma prevenirlo. Predisporre medici appositamente a questo ruolo è una indicazioni chiara». Il timore della Chiesa è che il bando divenga un modello diventando «apripista per altre strutture sanitarie».

Indignati anche i medici cattolici che attaccano Zingaretti.

«In un panorama sanitario nazionale in frantumi si indicono concorsi e si stipulano contratti per il ruolo sanitario, ponendo tra i requisiti la clausola non obiettori, discriminatoria ed inaccettabile» dice Filippo Maria Boscia, presidente nazionale dell'Associazione medici cattolici italiani.

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