Due agenti prelevano a Crotone l'immigrato da espellere, lo portano in macchina fino a Fiumicino dove lo imbarcano su un volo di linea, prezzo 480 euro, destinazione Romania. A cui va aggiunto il costo del tragitto stradale, gli straordinari degli agenti e il loro eventuale pernottamento. Il conto finale può salire tranquillamente oltre i mille euro. Il rimpatrio d'oro è servito, pagano i contribuenti. Altro che spending review: da noi paga lo Stato ogni qualvolta un delinquente extracomunitario che abbia scontato la pena (e non parliamo di profughi, ma di persone che commettono reati) sia colpito da provvedimento di espulsione. Eppure basterebbe fare come negli altri Paesi europei
A spiegare cosa accade è il segretario regionale vicario per la Toscana del sindacato Ugl Polizia Emanuele Palmarini. «Prima di tutto - racconta - ogni volta che gli agenti debbono accompagnare un ex carcerato in aeroporto per il rimpatrio, anche se lo fanno in orario di servizio, hanno comunque diritto al rimborso degli straordinari, dei pasti e dell'eventuale alloggio. Costi che inevitabilmente ricadono sulle tasche del cittadino. Ma c'è di più: mentre gli altri Paesi europei confiscano all'espulso il costo del biglietto e, laddove la persona non abbia abbastanza soldi, requisiscono l'80 per cento dei suoi averi, questo in Italia non avviene. Perfino la Grecia si è ultimamente adeguata».
Peraltro, il biglietto aereo acquistato tramite gli uffici immigrazione dei commissariati, non è in classe economy, ma con tariffe spesso a prezzo pieno. «Insomma - chiarisce Palmarini - un volo per Tunisi o Bucarest si paga anche 500 euro a persona, quando se ne potrebbero spendere molti meno. Un grande dispendio di soldi, visto che ogni anno vengono rimpatriate centinaia di persone. Per i cinesi si sborsano anche 3-4000 euro per un volo diretto, ad esempio, a Pechino. È questa gente parte con al seguito anche 20mila euro senza che nessuno chieda loro il rimborso del biglietto. Che non si requisiscano questi soldi è una vera vergogna perché non possono essere gli italiani a pagare, magari con l'aumento delle tasse».
Il sindacalista ricorda i numeri indicati proprio dal governo: «Il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, qualche tempo fa aveva chiarito che solo i rimpatriati per motivi di sicurezza (terroristici) erano almeno un centinaio. Figuriamoci quanti sono gli altri. Riteniamo giusto che i cittadini siano informati di questo - prosegue -, perché questi soldi vanno a ricadere sulle loro tasche». Oltretutto, in alcuni casi agli ex carcerati stranieri viene offerto anche il pasto. «Spesso, se il viaggio è lungo - dice ancora il rappresentante sindacale - viene loro fornito un sacchetto della mensa e il costo resta a carico del contribuente. Ritengo che se l'Italia si adeguasse a quanto fanno gli altri Paesi europei avremmo un risparmio di centinaia di migliaia di euro che potrebbero essere investiti in altro modo. Ad esempio per acquistare materiale per le forze dell'ordine che si trovano sempre più spesso senza mezzi adeguati al loro compito».
C'è poi da dire che gli espulsi, oltre ad avere il biglietto a prezzo pieno pagato, in precedenza sono già stati mantenuti, spesso per anni, nelle carceri italiane. «Molti di loro - conclude Palmarini - sono oltretutto soggetti a rischio fuga.
Per cui dobbiamo accompagnarli fino all'aereo e attendere che il portellone si chiuda, mentre nei casi peggiori c'è un aggravio di costi in quanto dobbiamo scortarli addirittura nei loro Paesi d'origine. Per ogni ex carcerato colpito da provvedimento di espulsione servono due agenti. I conti sono presto fatti».
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