Aiutino Usa alle banche europee: dalla Fed un tesoro da 26 miliardi

Così ogni aumento del tasso di sconto americano porta denaro ai nostri istituti con sedi in America

Aiutino Usa alle banche europee: dalla Fed un tesoro da 26 miliardi

Se a qualcuno appaiono ancora oscuri i motivi per cui la Federal Reserve ha alzato i tassi la scorsa settimana, di sicuro simili interrogativi non frullano nella testa delle banche europee. Dal recente giro di vite al costo del denaro, e di quelli che verosimilmente seguiranno nel 2016, saranno tra le principali beneficiarie. E non solo attraverso un aumento dei margini di guadagno garantiti agli istituti con filiali negli States, ma proprio per i generosi assegni che la Fed dovrà staccare per le riserve in eccesso create e «parcheggiate» proprio presso le stesse banche. Un fiume di denaro sotto forma di generose «cedole» che potrebbe servire a qualche istituto del Vecchio continente per puntellare conti non proprio esaltanti ed evitare possibili disastri. In pratica, una sorta di bailout. Che, rottamato dalle autorità europee con il bollino nero dell'infamia («È un costo insopportabile per i contribuenti») a favore del più «democratico» bailin (ma qualche risparmiatore tra Emilia, Marche e Toscana la pensa diversamente), rientrerebbe in gioco grazie a Janet Yellen, presidente della Fed.Il fenomeno non è nuovo, avendo avuto origine con la crisi dei mutui subprime e il successivo crac di Lehman Brothers.

Messo dall'emergenza spalle al muro, l'allora presidente della banca centrale Usa, Ben Bernanke, fu costretto a iniettare liquidità nel sistema anche attraverso la creazione di riserve di denaro cash. E così, dal dicembre 2008 al dicembre 2012, la Fed ha già «girato» 6 miliardi di dollari alle filiali Usa degli istituti europei proprio sotto forma di interessi pagati sulle riserve in eccesso. Ai quali vanno sommati gli altri 9 miliardi sborsati dal febbraio 2013 fino a oggi. Bilancio complessivo degli ultimi sette anni, 15 miliardi. Una somma tutt'altro che trascurabile. Ipotizzando il mantenimento degli attuali 1,15 trilioni di riserve, le banche incasseranno altri sei miliardi se nel 2016 la Fed non darà altre strette. Ma la cifra è destinata ovviamente a lievitare se Washington riuscirà nell'impresa di correggere ulteriormente la rotta monetaria. Non un compito facile. Al di là della narrazione ufficiale, non è che l'economia Usa scoppi di salute: il mercato del lavoro è infarcito di lavoratori part-time, di commessi e baristi sottopagati, mentre nell'industria si continua a licenziare e i posti a disposizione della classe media sono sempre meno; l'inflazione, complice la picchiata delle quotazioni del petrolio, resta inoltre ben lontana dagli obiettivi della Fed.In ogni caso, i componenti del direttivo della banca centrale Usa ritengono possibile che il costo del denaro possa aumentare quattro volte nel corso del 2016.

Ciò si tradurrebbe in una ricca messe di «dividendi», e senza alcun rischio, pari a 26 miliardi. Una cifra che finirà direttamente nei bilanci, alla voce «attivi», anche di qualche too big to fail. Troppo grande per fallire. Anche per la Fed.

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