Politica

Allarme senza fine: i pirati all'assalto dei nostri pescherecci

Il motopesca siciliano Airone dirottato da libici armati Ma l'equipaggio si ribella e la Marina militare lo libera

Stavolta è andata bene. Ma per capire cosa rischiano i nostri pescatori e perché la nostra Marina Militare ha agito, per una volta, con rapidità e determinazione basta un'occhiata alle carte geografiche. La costa di Misurata dove - giovedì notte - butta le reti il peschereccio Airone di Mazara del Vallo dista in linea d'aria 180 chilometri da Sirte, la città libica controllata dello Stato Islamico teatro, a febbraio, della decapitazione di 21 copti egiziani. Da allora questo tratto di mare è l'incubo della nostra intelligence e della nostra Marina. Pescosissimo e per questo frequentatissimo dalle imbarcazioni di Mazara il golfo può trasformarsi in una trappola mortale.

La caduta di Sirte e - molto più a est - di Derna nelle mani dello Stato Islamico ha potenzialmente esteso la minaccia del Califfato a tutte le coste orientali della Libia. Utilizzando le motovedette o le imbarcazioni catturate a Derna o Sirte lo Stato Islamico può replicare le scorrerie dei pirati somali. Ma con una differenza sostanziale. Mentre in Somalia la restituzione di equipaggi ed imbarcazioni è legata al pagamento di un riscatto qui la cattura di un equipaggio potrebbe venir utilizzata per aggiungere drammatica concretezza alle minacce indirizzate all'Italia dallo Stato Islamico.

I fatti della notte tra giovedì e venerdì, ricostruiti da il Giornale attraverso una fonte di Misurata, non sembrano, per fortuna, rientrare in questo scenario. «Il vostro peschereccio - spiega una fonte libica de Il Giornale molto introdotta negli ambienti del porto di Misurata - è stato avvistato poco dopo l'una di notte. Era molto vicino alla costa e ha buttato le reti in una zona dove non è permessa la pesca agli stranieri. Per questo le nostre autorità portuali hanno fatto uscire il Farwa, un rimorchiatore armato che usiamo per tirare in porto chi viola le acque territoriali. Quando i nostri uomini sono saliti a bordo sono arrivati i vostri soldati che hanno minacciato l'equipaggio del rimorchiatore e fatto prigioniero un nostro marinaio. Le nostre autorità sono molto arrabbiate per il comportamento della vostra Marina e diffonderanno una nota di protesta».

La versione di Misurata, se da una parte permette di escludere una minaccia diretta dello Stato Islamico evidenzia, dall'altra, la situazione di caos e di irresponsabilità che regna davanti alle coste libiche. In una nazione dove il Califfato controlla due porti, dove i trafficanti di uomini gestiscono larghi tratti costieri e dove le motovedette affidate alle milizie islamiste sparano alle imbarcazioni di soccorso italiane le autorità portuali continuano a considerare, al pari di Gheddafi, l'intero Golfo della Sirte un estensione delle proprie acque territoriali.

La vicenda del peschereccio, atteso questa sera a Mazara del Vallo, evidenzia anche la difficile situazione dei pescatori siciliani costretti - pur di riempire le reti - ad ignorare le raccomandazioni diffuse negli ultimi mesi dai nostri servizi di sicurezza. «Un tempo a Mazara c'erano 400 barche, ora sono una novantina e non c'è armatore che non sia in difficoltà economiche» ammette Vito Mazzarino armatore dell'Airone. Stando a Mazzarino il peschereccio comandato dal capitano Alberto Figuggia con a bordo 3 marinai siciliani e 4 tunisini «era in quella zona di mare assieme ad una decina di altre barche, quando è apparso un rimorchiatore, e alcuni libici armati sono saliti a bordo. A quel punto è scoppiato il caos». Dietro la confusa ricostruzione degli eventi che permettono la cattura di uno dei libici responsabili dell'abbordaggio e la fuga dell'Airone si nasconde la necessaria riservatezza su un intervento - probabilmente assai deciso - messo a segno da una o più squadre d'incursori del Comsubin o di fucilieri di Marina del San Marco. Mandati a pattugliare le coste della Libia nell'ambito dell'operazione Mare Sicuro decisa dopo l'arrivo dello Stato Islamico i nostri militari hanno l'ordine di garantire la sicurezza dei nostri connazionali e rispondere con ogni mezzo ad una possibile minaccia dello Stato Islamico.

Anche se i libici non sembrano ancora averlo capito.

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