Roma L'accordo Ue-Turchia segna un punto di svolta per la risoluzione della crisi dei rifugiati? Il premier turco Ahmet Davutoglu definisce quella di ieri una «giornata storica» ed Angela Merkel evidenzia la capacità dell'Europa di gestire un test difficile. Toni decisamente troppo ottimistici secondo Matteo Villa, ricercatore dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale Ispi.
L'accordo è una vittoria per la Ue o per la Turchia?
«Non vince nessuno. La Turchia ha ottenuto il massimo che poteva aspettarsi. Il patto scontenta tutti ma né Davutoglu né la Merkel possono ammettere che si tratta di un «non accordo» che serve soltanto a prendere tempo. Ue e Turchia non possono permettersi il divorzio e dunque devono adattarsi ad un matrimonio di convenienza».
Quali sono i punti deboli?
«Si afferma che i rimpatri dei migranti saranno in rapporto di uno contro uno. Ovvero per ogni siriano che torna in Turchia dalla Grecia un altro verrà riportato in Europa dalla Turchia. Peccato che i siriani rappresentino soltanto il 50 per cento dei migranti. Dunque si tratta comunque di una soluzione a metà. Non solo. Ricordo che la Turchia concede la protezione temporanea soltanto ai siriani. Status non concesso ad esempio iracheni ed afgani. Quindi la Ue garantisce l'ingresso all'unica popolazione che in Turchia gode della protezione temporanea».
Con questo accordo che cosa cambia rispetto agli accordi sulla ridistribuzione dei migranti tra i Paesi Ue?
«Non c'è neppure un posto in più rispetto a quanto già deciso nel 2015. Si parla di circa 70.000 rifugiati che sono esattamente quelli previsti. Oltretutto flussi e rimpatri andranno gestiti, i migranti identificati. Nel frattempo guardiamo al numero degli arrivi su quel fronte: 2.000 persone al giorno. Circa la metà sono siriani. Basta fare i conti per rendersi conto che i 70.000 posti messi a disposizione basteranno a fermare l'emorragia per un mese e mezzo. E poi?».
Un accordo debole che in prospettiva potrebbe aver conseguenze negative per l'Italia?
«Non credo nell'immediato. L'ipotesi di una rotta balcanica che dirotti i migranti verso l'Italia riprendendo la via del mare mi sembra improbabile, non credo si corra quel rischio. Mi preoccupa invece la situazione in Libia. In prospettiva è dal sud che potrebbero intensificarsi di nuovo i flussi in modo massiccio. Senza una cooperazione efficace dell'Europa il nostro paese affronterà una nuova emergenza».
Ma che cosa dovrebbe fare l'Europa?
«Creare un'agenzia di asilo europea. È l'unica strada percorribile: fissare criteri e standard uguali per tutti i paesi Ue. La Germania non può agire in solitudine ma non vedo una strategia unica, non vedo un'azione coordinata. L'Europa ancora una volta si mostra debole perché divisa».
Con questo accordo l'ingresso della Turchia in Europa è più lontano o più vicino?«Non ci sono passi avanti concreti visto che si ipotizza soltanto l'apertura di un capitolo negoziale. L'ingresso della Turchia piena di profughi e con un problema enorme di sicurezza alle frontiere è impensabile».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.