Le anime dei Cinque Stelle sospese tra inciucio e voto

I peones preferiscono larghe intese a urne anticipate. Tra i big solo "Dibba" è svincolato dal doppio mandato

Le anime dei Cinque Stelle sospese tra inciucio e voto

Peones, parlamentari «esperti», ministri, sottosegretari, ras locali in cerca del grande salto. Nell'agosto della crisi la mappa del disordine pentastellato è un caleidoscopio di posizioni diverse tra loro. In questo momento ognuno sta facendo i suoi calcoli. Tra chi vuole andare subito al voto, chi pressa Beppe Grillo e Davide Casaleggio per ottenere il salvacondotto alla regola del doppio mandato, chi vorrebbe utilizzare il taglio dei parlamentari per votare a maggio dell'anno prossimo e infine chi si farebbe andare bene un accordo con il Pd. La dilatazione della legislatura, sicuramente, è la soluzione preferita dai tanti deputati e senatori di seconda fila, in tanti al primo mandato. I cosiddetti peones grillini, che negli ultimi mesi hanno spesso contestato, seppure da angolature diverse, la versione pentastellata del «centralismo democratico» incarnata da Di Maio e dai suoi uomini più fidati. Sono i «responsabili» a Cinque Stelle, disposti anche ad appoggiare un patto con il Pd oppure un «governo di scopo» a intese il più larghe possibili. Per questo drappello la paura è quella di non essere ricandidati e di non riuscire a superare nemmeno lo scoglio delle parlamentarie. Anche se uno di loro si schermisce: «Un'altra campagna elettorale e nuove elezioni subito danneggerebbero il Paese, ma per quanto mi riguarda non sono attaccato alla poltrona».

Tra i big, invece, molti in queste ore stanno alzando la pressione nei confronti di Grillo e Casaleggio per far sì che venga fatta eccezione alla regola aurea del doppio mandato. Oltre i nomi più conosciuti, sono più di cento i deputati e i senatori che non potrebbero ricandidarsi. Il loro ragionamento ruota tutto intorno a un assunto: «Una legislatura che è durata soltanto poco più di un anno non può essere equiparata a un mandato completo». Per uscire dall'impasse, l'exit strategy potrebbe essere un voto su Rousseau, ma tocca prima al Garante e all'imprenditore milanese decidere se bandire la consultazione. Dalle voci che filtrano, il comico sembrerebbe più possibilista, mentre Casaleggio vorrebbe evitare un altro tradimento di un dogma paterno. «Il Movimento sta cambiando, ma dobbiamo ricordarci che alcune regole sono il caposaldo della nostra identità e della nostra diversità», fa sapere una fonte vicina al ramo aziendale del M5s. Tra chi vedrebbe il tramonto della propria carriera politica ci sono alcuni grandi nomi dell'universo grillino: Luigi Di Maio, Roberto Fico, Alfonso Bonafede, Riccardo Fraccaro, Barbara Lezzi, Giulia Grillo, Danilo Toninelli, Laura Castelli, Stefano Buffagni, Paola Taverna, Nicola Morra, Francesco D'Uva, Stefano Patuanelli e sarebbe incandidabile la maggior parte dei sottosegretari e dei viceministri. Le malelingue del M5s fanno notare: «Il doppio mandato sancirebbe la decapitazione di tutta la classe dirigente piazzata da Di Maio nei posti di governo».

Infine ci sono i pentastellati che non vedono l'ora di lanciarsi a capofitto nella nuova campagna elettorale. Il primo di questa lista è sicuramente Alessandro Di Battista, ricandidabile e considerato come l'ariete di sfondamento nella battaglia contro Salvini.

È arruolabile anche Massimo Bugani, potente luogotenente emiliano - romagnolo salvato dal mandato zero per i consiglieri comunali. Nella schiera degli «ottimisti» ci sono i volti più noti pescati dalla società civile: da Gianluigi Paragone a Emilio Carelli e Primo Di Nicola.

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