Obbligo di dimora nel comune di residenza: è questa la misura emessa nei confronti del presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio (Pd), accusato di abuso d'ufficio. Avrebbe garantito un finanziamento integrativo a un'impresa vicina alla malavita locale di stampo mafioso affinché rallentasse i lavori di un'opera così da danneggiare un avversario politico. Nell'ambito dell'operazione «Lande desolate», portata avanti dai finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria di Cosenza sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e diretta dal procuratore Nicola Gratteri, sono finite sotto inchiesta 16 persone. I provvedimenti sono stati emessi dal gip del tribunale di Catanzaro, Pietro Caré. Le attività investigative, condotte dalle Fiamme gialle anche con l'ausilio di particolari tecniche e rilevamenti aerofotografici, hanno portato in carcere l'imprenditore Giorgio Ottavio Barbieri, residente a Roma, e ai domiciliari i tecnici e funzionari regionali e collaboratori dell'imprenditore, Vincenzo De Caro, Gianluca Guarnaccia, Carmine Guido, Marco Trozzo, Francesco Tucci e Luigi Giuseppe Zinno. Obbligo di dimora anche per l'ex sindaco di Pedace, Marco Oliverio, non parente del governatore, nonostante il cognome. Barbieri, in passato, era già finito in carcere per la sua vicinanza al clan Muto di Cetraro.
Al centro dell'inchiesta violazioni plurime e irregolarità nella gestione e conduzione degli appalti per l'ammodernamento dell'aviosuperficie di Scalea e degli impianti sciistici di Lorica, ma anche dei successivi finanziamenti. Inquietante il quasi totale asservimento di alcuni pubblici ufficiali, ora sospesi dall'esercizio di pubblico ufficio, alle esigenze dell'imprenditore per cui falsificavano i documenti di stato di avanzamento dei lavori. Barbieri, peraltro, non esitava a corrompere pubblici funzionari. Per lui è peraltro prevista l'aggravante di agevolazione mafiosa. Avrebbe impegnato poche decine di migliaia di euro a fronte di diversi milioni previsti dai bandi di gara.
Nell'ordinanza di applicazione della misura cautelare emessa dal tribunale di Catanzaro, si specifica che Barbieri agevolava le «illecite attività consortili della cosca Muto» e otteneva finanziamenti comunitari non spettanti, grazie ai rapporti con i funzionari della Regione. Nell'ordinanza si dice chiaramente che «per un mero tornaconto politico Mario Oliverio, nonostante la consapevolezza della crisi finanziaria in cui versava il gruppo Barbieri e della conseguente incapacità tecnica e finanziaria di portare a compimento i lavori», affidava loro appalti, adoperandosi per lo stanziamento di ulteriori finanziamenti.
Nelle intercettazioni gli affari sporchi dei soggetti posti sotto inchiesta sono chiari.
Si parla della percentuale alle cosche e dei guadagni di un'impresa che andava avanti grazie a illeciti e connivenze. Oliverio annuncia lo sciopero della fame e respinge le accuse, per lui «infamanti». Cosa di cui Gratteri è tutt'altro che convinto.
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