Passate ormai 48 ore dal terremoto elettorale che domenica notte ha minato forse irrimediabilmente la tenuta del governo, tra Palazzo Chigi e il Quirinale non si registra ancora alcun contatto. Né il vincitore Matteo Salvini, né lo sconfitto Luigi Di Maio - né tantomeno il presunto «mediatore» Giuseppe Conte - hanno avvertito l`esigenza di sentire Sergio Mattarella. Cosa che di per sé potrebbe anche essere una buona notizia, se davvero fosse la conferma che per i due vicepremier niente è cambiato dopo il voto. E che il governo gialloverde è pronto ad affrontare coeso i prossimi temi in agenda, a partire da una legge di Bilancio che richiederà almeno 40 miliardi. O anche 50 se - come ha annunciato ieri, forte del suo 34% - davvero Salvini punta ad una flat tax su redditi di famiglie e imprese fino a 50mila euro, quindi da almeno 30 miliardi.
Il punto, però, è che questa convinzione al Colle non ce l`ha nessuno. Né Mattarella, né i suoi più stretti collaboratori. Dall`entourage del capo dello Stato non filtra nulla o quasi, perché l`intenzione è quella di attendere l`evoluzione della situazione, non intromettersi in decisioni che non gli spettano e attenersi con rigore alle norme che regolano i poteri del capo dello Stato. Detto questo, il fatto che - seppure in maniera speculare - sia Salvini che Di Maio si stiano comportando come se nulla fosse successo non fa ben sperare. Dal Colle quel che si limitano a far trapelare è che il voto di domenica era per il Parlamento europeo, come a dire che non dovrebbe avere ripercussioni sulla politica italiana. In realtà il Quirinale è in grande allarme sia per l`esito del voto che per l`inatteso silenzio dei suoi interlocutori. Al punto che lo stato di allerta che si respira è quello della pre-crisi. Il timore, infatti, è quello della quiete prima della tempesta. Perché se davvero lo show down non fosse all`ordine del giorno sia Salvini che Di Maio avrebbero sentito l`esigenza di tranquillizzare sul punto il capo dello Stato. Invece niente, silenzio assoluto. Nonostante - per le vie informali - il Colle abbia fatto presente la sua disponibilità ad ascoltare le diverse parti in causa. E nonostante ieri mattina proprio Di Maio fosse al Colle per individuare le candidature per la nomina dei Cavalieri del lavoro. D`altra parte, anche Mattarella - come qualunque osservatore delle cose della politica - non avendo la palla di cristallo sente l`esigenza di fare chiarezza su quella che con il passare delle ore sembra sempre di più una crisi di fatto.
Dal fronte Lega, infatti, arriva la conferma che il viceministro alle Infrastrutture Edoardo Rixi non si dimetterà se dopodomani dovesse essere condannato in primo grado per le «spese pazze» della Regione Liguria. Di fatto, un commissariamento di Conte, che solo venti giorni fa ebbe la forza politica di imporre il passo indietro al sottosegretario Armando Siri. I tempi, evidentemente, sono cambiati. E la linea tenuta oggi su Rixi è solo la conferma che ormai da domenica Salvini si muove come premier in pectore. Dentro il M5s, invece, si respira aria da resa dei conti. Al punto che ieri sera rimbalzava prepotente la voce secondo cui Di Maio sarebbe pronto a dimettersi da uno dei suoi incarichi ministeriali (lo Sviluppo economico, tenendo invece il Welfare), così da mettere a tacere chi nel Movimento punta il dito contro le sue troppe poltrone (è anche vicepremier e capo del partito).
Un quadro, insomma, che non potrebbe non preoccupare un Mattarella sempre più perplesso dalle indecifrabili mosse di Salvini. Il leader della Lega - è il senso dei ragionamenti che si fanno sul Colle - dica cosa vuole fare. Tutto è legittimo: che voglia continuare a governare con il M5s, che pretenda un rimpasto o che chieda il voto anticipato. Su nessuno di questi scenari il Quirinale avrebbe preclusioni. Purché si faccia chiarezza. Il più presto possibile, visto che di qui a pochi mesi c`è da portare a casa una legge di Bilancio che non ci faccia andare allo scontro frontale con Bruxelles. Un`ipotesi non di scuola viste le dichiarazioni di Salvini di ieri e la replica del commissario Ue Pierre Moscovici.
Sullo sfondo lo spread, che ieri mattina ha sfiorato i 290 punti. E la convinzione del Quirinale che le possibilità di cambiare le regole d`ingaggio con l`Unione europea - e quindi sforare i vincoli di bilancio - siano praticamente pari allo zero.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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