In arrivo un altro slogan: via le pensioni d'oro

Il capo M5s accelera sui tagli agli assegni da 4mila euro. Gli esperti lo avvertono: rischia il flop

In arrivo un altro slogan: via le pensioni d'oro

Roma - Chiusa la pantomima del taglio dei vitalizi, e in attesa che il Senato faccia altrettanto secondo gli auspici del vicepremier Luigi Di Maio, la nuova frontiera che si aprirà questa settimana nelle commissioni parlamentari è quella delle cosiddette «pensioni d'oro». Il ministro del Lavoro ha annunciato la presentazione di un ddl sull'onda dell'entusiasmo per i vitalizi e conta di «portarlo a casa entro la pausa estiva». Però quella delle pensioni, nonostante sia già iniziata la campagna di propaganda, rischia di diventare per il governo come la campagna di Russia per Napoleone.

Di Maio ha già rivisto, sulla scorta di studi e simulazioni, la soglia delle pensioni da tagliare: sono (sarebbero) quelle sopra i 4mila euro netti. E il tono populista sta cercando di conquistare un facile consenso. «Se prendi una pensione di 20mila euro e non hai versato i contributi, io te la taglio e ti dò la pensione per quanti contributi hai versato», ha argomentato sul suo canale Facebook. Tagliando, come di consueto, con l'accetta la terribile complessità del problema. «Sono previsti tagli per quelle dai 4mila euro in su per chi non ha versato i contributi... Anziché prendere una pensione di privilegio, prenderanno solo in base a quanto hanno versato, come tutti i cittadini normali... E metteremo tutti i risparmi, circa un miliardo, nell'innalzamento delle minime». Le parole-chiave, che sanno tanto di fuffa (o truffa), sono sia il concetto di «non aver versato», sia l'insinuazione che si tratti di un «privilegio». In realtà era semplicemente la normativa in vigore, quella del calcolo retributivo e non contributivo, prima della riforma Dini. La quale conteneva inizialmente pure una norma per optare per l'uno o l'altro sistema; norma che fu tolta su iniziativa dell'allora ministro Salvi proprio per evitare che alcuni alti funzionari dello Stato, con il contributivo, ci andassero a guadagnare. Pericolo che potrebbe esserci anche per il ddl Di Maio.

Alcuni esperti in materia, come Giuliano Cazzola, ritengono poi addirittura «impossibile» effettuare il ricalcolo, dal retributivo (spesso in quota parte) al contributivo. E la scure della Consulta anche in questi casi potrebbe intervenire, visto che si andrebbero a toccare «diritti acquisiti». «Se Salvini e Di Maio non capiscono la differenza tra i privilegi dei vitalizi e i diritti acquisiti nelle pensioni, allora vadano in qualsiasi fabbrica o ufficio e se la facciano spiegare», diceva con buona dose di ragione il piddino Ettore Rosato. Ma anche qualora passasse l'esigenza di comprimere tali diritti, si tratterebbe pur sempre di un precedente clamoroso che può «aprire la strada a un ricalcolo generalizzato delle pensioni» (Cesare Damiano). Rischio ritenuto assai concreto anche dalla Cgil. Ci potrebbero andare a rimettere perciò, operai e impiegati: proprio le categorie alle quali pensa di rivolgersi Di Maio. Specie se poi la cifra raccolta sarà inferiore a quel miliardo di euro (con i mancati introiti tributari, sarebbe in realtà 450-500 milioni) in cui spera il ministro. Altre simulazioni prefigurano risparmi ben più miseri, sui 300 milioni.

Dubbia infine la destinazione di questi soldi: non è detto che vadano davvero a innalzare le «minime»: c'è chi teme che vadano a finanziare quel «reddito minimo agli sfaccendati» che creerebbe ulteriori frizioni in seno alle categorie sociali produttive che hanno dato fiducia ai giallo-verdi. Se la Lega lo capirà in tempo, o avrà vita grama il ddl, o l'alleanza.

RooS

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