Le assurde domande a un ragazzo in fin di vita

Le assurde domande  a un ragazzo in fin di vita

Centocinquantacinque secondi. Un tempo breve ma lunghissimo, tanto è durata la telefonata, l'inutile ultima telefonata al mondo, di Simon Gautier. Due minuti e mezzo disperati mentre l'operatrice che rispondeva dalla Basilicata continuava a porre domande sciocche, incredibili dinanzi alla tragedia di un uomo che stava morendo: «È solo? Con lei c'è qualcuno? Da dove è partito? Come si chiama? Come si chiama? Non ho capito. Lei è caduto in una scarpata? O è caduto in pianura? Di quanti metri è la scarpata? Più o meno da dove veniva? Ma era in Basilicata o in Campania? È andato a piedi?», frasi di repertorio, parole senza un senso di vita, per una vita che si stava spegnendo.

Una vicenda paradossale, un sistema insicuro di sicurezza, un mondo lontano dalla realtà che la vittima sta vivendo, nell'ansia, nell'angoscia, nel panico. Così fu pure con la telefonata di Anna Maria Franzoni a Cogne: «Signora abbia pazienza... a Cogne ma dove? Frazione? Numero civico? Come si chiama? Cognome?». Nemmeno un verbale dei carabinieri richiede tante domande e mai, di certo, in situazione drammatiche, di emergenza. Oggi apprendiamo che è deficitario il sistema di geolocalizzazione sul territorio, lo spiega Mario Balzanelli che denuncia la mancata realizzazione del progetto previsto dal ministero dello Sviluppo Economico il dodici di novembre del duemila e nove.

Dunque dieci anni di silenzio irresponsabile e codardo, sette ministri alla bisogna, Scajola, Romani, Passera, Zanonato, Guidi, Calenda, Di Maio, sei governi, per centocinquantacinque secondi di inutili parole e di una morte tragica di un ragazzo francese di nome Simon e di cognome Gautier. La vergogna di un Paese, riassunta in una telefonata. L'ultima.

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