L'obbiettivo, forse, era proprio lui il «nuovo Zar», il presidente Vladimir Putin. Di certo quando l'attentatore, o gli attentatori, si sono presentati in piazza Lubjanka, davanti alla sede di quello che un tempo si chiamava Kgb e oggi Fsb, il presidente stava ancora parlando. O aveva terminato da poco il discorso in occasione della giornata dedicata alla fondazione dei servizi segreti russi. L'assalto al palazzo, conclusosi con la morte di un terrorista, l'uccisione di un uomo dell'Fsb, oltre al ferimento di cinque persone, potrebbe nascondere qualcosa di più di un semplice attentato. Forse addirittura un complotto per eliminare l'uomo simbolo della Russia risorta dal comunismo e riportata al rango di grande potenza internazionale. Anche perché altrimenti non si spiega come uno o più uomini armati estranei all'apparato di sicurezza, abbiano potuto avvicinare, o addirittura penetrare, uno degli edifici più sorvegliati del mondo. E per di più mentre il presidente, lui stesso ex-capo dell'Fsb, partecipava alle cerimonie organizzate nelle sue sale.
E a rendere il tutto più inquietante contribuisce la drammatica confessione fatta soltanto qualche ora prima da Putin. Parlando davanti a quasi duemila giornalisti durante l'annuale conferenza stampa tenuta in mattinata al «World Trade Center» di Mosca, il presidente ha ricordato l'attacco messo a segno dai terroristi ceceni alla scuola di Beslan costato la vita, il primo settembre 2004, a centinaia di bambini. Solo qualche ora dopo quell'ammissione, in piazza Lubjanka si scatena il caos. Prima un violento e lungo scambio di colpi d'arma da fuoco poi, come si vede dai video dei telefonini diffusi su Twitter, due uomini attraversano di corsa la piazza. Mentre percorrono un parcheggio uno cade fulminato da un proiettile, l'altro s'accascia ferito. Il tutto in un'atmosfera surreale pervasa dall'incredulità di passanti e di clienti di bar e negozi che a tratti scherzano, a tratti lanciano urla angosciate. Secondo l'agenzia di stampa Moskva, tre uomini armati avrebbero assalito il palazzo dell'Fsb e sarebbero stati fronteggiati dai servizi di sicurezza che ne hanno eliminati due. Il terzo «terrorista» sarebbe fuggito per poi venir neutralizzato durante l'inseguimento.
Alle 19 di Mosca, un'ora dopo l'attacco, l'Fsb conferma la modalità terroristica dell'assalto, ma specifica che l'attentato è stato messo a segno da un sola persona e si è svolto esternamente al palazzo. L'ammissione solleva però altri dubbi.
Chi c'è dietro? Lo Stato Islamico o qualche altro gruppo jihadista formato da quei militanti della Cecenia e delle altre Repubbliche ex Sovietiche che continuano a minacciare il Cremlino? Se così fosse la capacità di penetrare una delle aree più sorvegliate della capitale in concomitanza con la presenza di Vladimir Putin solleverebbe interrogativi sulle falle dei servizi di sicurezza e sulle possibili complicità di qualche basista pronto a favorire un piano per l'eliminazione di «Zar» Putin. Uno Zar che dopo 19 anni al potere conta sicuramente su un consenso ancora molto diffuso, ma deve anche guardarsi dai numerosi nemici che gli hanno giurato vendetta.
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