Banca Etruria, gli inquirenti scambiano i Boschi

Confusi padre e figlio in un appunto. E ora vacilla l'accusa di bancarotta al babbo

Fabrizio Boschi

Se fosse vera questa storia avrebbe dell'incredibile. La Nazione di Arezzo tira fuori un episodio che, se confermato, riscriverebbe, in parte, l'inchiesta per bancarotta fraudolenta che coinvolge Pier Luigi Boschi, padre della sottosegretaria Maria Elena.

Si tratterebbe di uno scambio di persona tra padre e figlio. Un appunto male interpretato, trapelato in dicembre nella commissione parlamentare d'inchiesta sulle banche. Una nota a margine di una notula da 400mila euro: due fatture che Banca Etruria doveva liquidare alla società di consulenza Bain: «Non inserita in procedura come da accordi con Boschi e Cuccaro». Gli inquirenti avevano subito pensato che il Boschi chiamato in causa fosse il padre, al tempo (maggio 2014), vicepresidente di Banca Etruria, la quale affidò una consulenza alla Bain, riguardo allo studio di fusione con un partner di «elevato standing», come richiesto da Banca d'Italia. Gli inquirenti interpretarono quell'appunto come il via libera al pagamento, dato personalmente dal vicepresidente dell'istituto, Pier Luigi Boschi, in barba alle normali procedure, il che avrebbe fatto supporre una distrazione patrimoniale da aggiungere come ulteriore capitolo alla bancarotta fraudolenta per la quale è indagato Boschi senior, nel caso in cui la pratica si fosse dimostrata irregolare. Alcuni membri della commissione parlamentare sulle banche parlarono addirittura di un altro scandalo nel caso Etruria.

Le indagini svolte dalla Finanza, però, hanno portato ad accertare che il Boschi in questione, quello chiamato in causa insieme a Emanuele Cuccaro, al tempo vicedirettore generale della banca, non era il padre ma il figlio Emanuele, che in quel periodo rivestiva il ruolo di capo del servizio di controllo dei costi dell'istituto, ed era normale quindi che firmasse documenti del genere. Emanuele lascia Banca Etruria a marzo 2015, (appena sette mesi prima del dissesto) e si appoggia per alcune settimane allo studio fiorentino di Luciano Nataloni, in via delle Mantellate 8, commercialista ed ex membro del cda della stessa Etruria. Nataloni è quello indagato per conflitto d'interessi dalla procura di Arezzo per i finanziamenti erogati dalla banca a 14 società vicine a lui e all'ex presidente Lorenzo Rosi, che avrebbero causato 30 milioni di euro di buco. Nel giugno 2015 Emanuele lascia lo studio commerciale e si trasferisce a pochi passi, al civico 9 della stessa via, chiamato da Francesco Bonifazi, tesoriere del Pd, per ricoprire la carica di presidente del cda della Mantellate Nove Srl, che offre servizi aziendali rivolti a studi legali e contabili.

Tuttavia, i guai per Pier Luigi Boschi non finiscono qui.

Le ipotesi di accusa ancora in piedi sono tre: la maxi liquidazione milionaria all'ex dg Luca Bronchi alla quale Boschi dette parere positivo; le consulenze gonfiate in tre anni da 500mila euro a 13 milioni (per le quali sempre Boschi non si oppose); l'ipotesi di falso in prospetto sulle due emissioni di subordinate azzerate del 2013.

Insomma le grane per i Boschi continuano, soprattutto ora che la figlia prediletta non conta più come prima.

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