di Marco Lombardo
N o, stavolta non lasciamo correre. Perché il runner «caso isolato» (ovviamente) del Putney Bridge di Londra non è affatto solo nel mondo. Sono in tanti. Sono milioni. E non c'è giornata, settimana, mese, in cui non si inventano qualcosa. Dalle gare in cui ti sparano della vernice colorata in testa (ma perché?), ai trofei montani alla sagra della rana fritta. Corrono tutti, chissà per dove: e tu li devi lasciar passare. Ma non basta più: parchi e piste non sono abbastanza, siamo all'invasione. Di bipedi invasati che hanno scoperto la bellezza di diventare secchi come delle scope. Bipedi sudati e spiritati che vanno: vanno senza avere un traguardo ma che esigono una priorità. E che hanno preso strade e marciapiedi come fossero il loro personalissimo tapis-roulant. Corrono e ti spingono, perché intralci il loro Momento di Gloria. E li vedi infatti che incedono gloriosi come se avessero la colonna sonora del famoso film al seguito.
Peccato che il marciapiede - se così si chiama - dovrebbe prevedere appunto quella: la marcia. E peccato che la signora di Londra diventi un intralcio al benessere collettivo: era lei insomma che doveva scansarsi.
Perché correre - l'avete già sentita? - dà le stesse sensazioni del cioccolato. Allora confesso: io continuo a mangiare quello, anche sul marciapiede perché no. E fidatevi: dà le stesse sensazioni della corsa, ma non rischia di travolgere nessuno.
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