Basta salire in cima ai nuovi grattacieli per riassaporare la voglia di vivere

Torri, Expo e Darsena hanno dato la scossa. Ma trainare il Paese è un compito ingrato

Basta salire in cima ai nuovi grattacieli per riassaporare la voglia di vivere

Sì, Cantone non sbaglia. Milano è tornata a essere la capitale morale del Paese. La cosa può anche non rallegrarci, se questo dovesse significare (e potrebbe) la fine di ogni discussione o dibattito sul ruolo di questa città nel contesto nazionale e globale.

Ricordo che noia quando si ripeteva che Milano era la capitale morale del Paese (quella cioè che produceva la ricchezza, mentre a spazzolarla ci pensavano Roma & Co.). Non voglio insistere troppo, ma al tempi un cui Milano ebbe questo titolo in città non ci si divertiva molto.

Del resto, salite in cima al Pirellone, o alla Torre Unicredit, e guardate di sotto: vi accorgerete, senza bisogno di essere né architetti né urbanisti, che al tempo in cui fu capitale morale a Milano non successe nulla: non diventò più grande, non furono introdotte novità di rilievo, la sua forza innovativa si spense. Però continuava a essere la capitale morale. Eppure Cantone ha detto una cosa molto importante, che sta al centro di tante dinamiche, talune virtuose talune poco virtuose, talune sconosciute - nel senso che sappiamo che ci saranno ma ne ignoriamo la direzione e la natura.

Milano ha certamente le sue magagne, ma è anche la più sensibile nel combatterle. Non so quanto denaro venga riciclato ogni giorno in questa città, ma so che Milano è tra le meglio attrezzate (anche del punto di vista giuridico) nell'affronto, per esempio, del gioco d'azzardo, che è una piaga non meno terribile della droga. Insomma, Milano si dà da fare più e meglio delle altre grandi città italiane. Ma, soprattutto, Milano ha ritrovato il piacere di vivere. Sarà merito dei nuovi grattacieli di Porta Nuova, oppure della Darsena, o dell'Expo e del fuori-Expo (vedi il Mercato Metropolitano), sta di fatto che la città si è mossa, scuotendosi di dosso quel suo vetusto carattere di «città d'interni» che ha prodotto cose mirabolanti - il design industriale è figlio di una città che si specchia soprattutto nei suoi interiors - ma che da qualche tempo sapeva di vecchio.

I milanesi hanno scoperto che stare a casa è bello, ma anche stare fuori è bello, che è bello starsene da soli, ma anche in compagnia. Per troppi anni la città ha perseguito una sorta di «cultura della solitudine» (chiusura sistematica dei cinema del centro, ecc.), per troppi anni fare una passeggiata con la propria ragazza senza finire con lo spendere dei soldi (bar, gelateria, pizzeria ecc.) era pressoché impossibile, anche perché qui non abbiamo nessun Pincio, nessun Marechiaro, nessun Valentino. Eppure siamo tornati una città viva, a cui piace vivere, e questo va benissimo.

Se devo contestare Cantone, viceversa, non è sulla «capitale morale» bensì sull'Italia. Da tempo mi chiedo se l'Italia esista ancora o no. Perché un Paese ci sia, ci vuole una classe dirigente, ed è questa che fatico a vedere. Renzi si dà da fare, ed è bravo a trasmettere l'immagine di un paese finalmente disimpantanato, ma l'impressione che questi leader - per quanto bravi - rappresentino ormai soprattutto il proprio staff (nemmeno il proprio partito, figuriamoci il Paese) continua ad essere molto forte. L'Italia mi sembra trasformarsi piano piano in un insieme, nemmeno troppo confederato, di città-stato, di entità autonome con poteri autonomi dove non a tutte è dato di potersi organizzare in forme di governo, mentre in altre sì. Milano è certamente la più viva, la più ricca, la meglio organizzata di queste poleis .

Le elezioni polacche dimostrano che l'Europa non è in grado, oggi, di comunicare ai suoi membri le ragioni della propria esistenza. Lo dico con dispiacere. Ma è in questo contesto che si deve inserire l'indubbia ripresa della città e della sua immagine nel mondo, anche al di là dell'Expo. Il prestigio ritrovato di Milano c'è - anche sul piano morale, ne sono certo, soprattutto grazie alla gente normale - ma se questo possa fungere di nuovo da traino per il resto del Paese io davvero non so.

Personalmente, credo che l'Italia debba riscoprire la propria vocazione alla bellezza, e sappia di nuovo dividere la cultura dall'economia senza sottomettere - come è accaduto per troppi decenni - la seconda alla prima. E davvero non so dire se Milano debba accollarsi anche questo compito.

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