Matteo Salvini, alla fine del mese scorso, ha ribadito la volontà di ridurre il prezzo della benzina. Su un litro di benzina, poco meno del 70 per cento del prezzo, in effetti se ne va in tasse. Le accise sono imposte fisse che gravano sulla quantità del carburante e rendono allo Stato circa 25 miliardi. Ma il conto non finisce qui: c'è anche l'Iva del 22 per cento. Il saldo totale è pari a 40 miliardi all'anno che passano dalle tasche degli automobilisti a quelle del Tesoro. Una riduzione della pressione fiscale in questo campo ha effetti diffusi: meno costi benzina equivalgono a meno costi per il trasporto di persone e cose. Insomma ben venga. Eppure il governo ha avuto un atteggiamento non del tutto lineare. Da una parte si appresta a ridurre gli incassi (cosa che comporta di mal di pancia da parte del ministro del conti, Tria), dall'altra rinuncia a fare cassa, tagliando le unghie all'evasione, rimandando l'introduzione della fatturazione elettronica. Come sapete, chi scrive questa zuppa, pensa che il modo migliore per ridurre l'evasione sia renderla meno conveniente e non aumentare carte e burocrazia. Ma non possiamo non accorgerci che nel settore delle benzine c'è un business nero mostruoso e che danneggia tutti. Solo che a commetterlo non sono le grandi e brutte multinazionali della rete, e neanche avidi professionisti. Qui c'è una vera criminalità organizzata che lucra sull'Iva non pagata e talvolta sull'evasione delle accise. Abbiamo messo in fila solo alcune operazioni, che trovate in rete, di quest'anno. Il 10 gennaio viene scoperta una maxi frode in Lombardia, Campania, Umbria, con legami internazionali con Romania e Bulgaria e con la Camorra per 65 milioni di evasione sospettata. Dopo un paio di mesi si scopre un'evasione doppia realizzata tra Marche Abruzzo, Lazio. A Parma il 13 marzo è la volta degli oli lubrificanti per un ventina di milioni. In Umbria dopo una settimana vengono sequestrati 25 milioni ad una ventina di società considerate paravento. Marzo è il mese d'oro: il 25 nel comasco si ipotizza una frode su carburanti per 25 milioni. La lista è lunga, passa per Cervia (22 milioni), Castrovillari (11 Milioni) e via andando. I meccanismi per gabbare l'erario sono svariati e per la maggioranza girano intorno alla facoltà, per vari motivi, di non pagare subito l'Iva all'Erario.
Ritorniamo così al punto di partenza. La fatturazione elettronica, estesa a tutti i componenti della filiera, potrebbe aiutare a rendere tutto più tracciabile. È una seccatura. Come tutte le carte burocratiche che si vanno ad aggiungere. E il fatto che siano digitali, amplifica le scocciature. Ma il bottino a cui si fa riferimento si aggira sui due miliardi di evasione Iva. Riduciamola anche della metà. E prendiamo solo una fettina del presunto recupero, che so, il 10 per cento.
Si tratterebbe di una cifra enorme, 100 milioni, da mettere nel sistema a compensazione dei maggiori costi, che inizialmente la fattura elettronica comporta. Bene dunque abbassare le accise, meno tasse meno incentivo ad evaderle, ma anche più tracciabilità elettronica, magari finanziata con le risorse recuperate dal recupero dell'evasione.
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