Berlino come Milano: un ospedale nella fiera (ma senza polemiche)

Costo e capienza doppi, pronto in 6 settimane Il presidente Steinmeier: "I letti vuoti? Un bene"

Berlino come Milano: un ospedale nella fiera (ma senza polemiche)

Un ospedale «di riserva», realizzato nel quartiere fieristico, messo in «stand by» e pronto per essere attivato in caso di necessità.

Siamo in Germania. Il «Corona Treatment Center Jaffestrasse» è stato appena terminato a Messe Berlin e risponde alla stessa identica logica dell'ospedale aperto alla Fiera di Milano. Il ministro della Salute del Land Dilek Kalayci ha spiegato che fungerà da «ospedale di riserva» e il presidente federale Frank Steinmeier l'ha appena visitato guardando compiaciuto i letti vuoti. Non si registrano particolari polemiche.

Eppure, all'inizio dell'emergenza, la sanità tedesca non era certo più sguarnita della nostra, anzi, disponeva di quasi 30mila posti in terapia intensiva. Con sforzi analoghi a quelli lombardi, poi, li ha portati a 40mila, un numero enorme. Ciò nonostante, proprio a metà marzo si è cominciato a pensare a un'ulteriore struttura, da mille posti, per fronteggiare un previsto aumento dei contagi che poi si è verificato solo in parte. Allora è partito un appello rivolto ai berlinesi con tanto di pagina internet predisposta per l'arruolamento di professionisti: medici, infermieri, paramedici, laureati in medicina e volontari. Capo progetto un dirigente del Dipartimento dei Vigili del fuoco.

Quella dell'ospedale d'emergenza è una scelta che molti hanno fatto, in Italia e nel mondo, e risponde a quello che l'assessore lombardo Giulio Gallera ha chiamato il «modello israeliano»: «Realizzare interi reparti, magari degli ospedali, in ogni provincia, pronti e attivati per le emergenze». Secondo qualcuno, anche il nuovo ospedale berlinese non verrà mai utilizzato, perché le cliniche normali stanno gestendo senza particolari affanni l'epidemia e restano posti nelle terapie intensive.

L'ospedale di «Fiera Berlino» ha capienza doppia di quello di Fiera Milano: circa 500 posti, è costato poco più del doppio (43 milioni) e ha richiesto lavori più lunghi. A Milano il miracolo è stato compiuto in 10 giorni, l'opera berlinese ha richiesto circa sei settimane. Visitandolo, il presidente ha usato parole di buon senso, scoraggiando dissidi e complottismi: «I letti vuoti dietro di me sono una buona cosa - ha detto secondo quanto si legge su Der Spiegel -. Sono un segno che le precauzioni e le precedenti reazioni all'emergenza Coronavirus in Germania hanno funzionato». Anche il presidente della Repubblica italiano Sergio Mattarella ha elogiato l'opera milanese in una lettera indirizzata ai vertici della Fondazione che proprio ai primi d'aprile festeggiava i cento anni della Fiera, ma neanche l'apprezzamento del Quirinale è servito a preservare l'opera milanese dalle critiche strumentali di chi, a sinistra, non riesce a concepire un contributo diverso dall'attacco forsennato alla Regione epicentro dell'epidemia italiana.

I detrattori non lo dicono, ma l'ospedale voluto da Regione e Fondazione Fiera è stato immaginato quando l'incubo collettivo - a queste latitudini - era un'esplosione del contagio a Milano. Pochi giorni prima un documento degli anestesisti valutava i criteri con cui i professionisti delle rianimazioni avrebbero dovuto scegliere chi curare (e chi no) e nei giorni precedenti all'inaugurazione alcuni pazienti lombardi erano stati trasferiti altrove con voli militari. Quella era la situazione, tanto che lo stesso Pd lombardo il 18 marzo salutava con soddisfazione l'inserimento dell'ospedale milanese nella rete nazionale d'emergenza, e il suo dimensionamento «con criteri di efficienza e sostenibilità». «Mi auguro che non ci sia altro tempo da aspettare» sollecitava allora l'eurodeputato Pierfrancesco Majorino.

Poi, il 31 marzo, l'ospedale è stato presentato davvero e oggi prevale purtroppo un altro spirito. Quello stesso Pd lo denigra, ne parla come del «fiore all'occhiello della mancanza di strategia della Regione», e si chiede se le risorse non potessero essere utilizzate in altro modo.

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