A Berlusconi il discorso di Napolitano, tutto teso a blindare il percorso delle riforme - e quindi anche il patto del Nazareno - non dev'essere dispiaciuto. Ma fino a sera le ugole dei forzisti sono rimaste serrate, come a indugiare su quale linea ufficiale tenere. Di certo il Cavaliere resta convinto che le riforme vadano approvate, anche pagando il prezzo di un appoggio a un premier che lo convince sempre meno. Troppo importante poter mettere la firma in calce alla Nuova Repubblica. E troppo importante essere al tavolo nel momento di scegliere il successore di Napolitano. Il quale ha ribadito quali sono i suoi obiettivi che, in questo momento, coincidono con quelli del Cavaliere: in primis la stabilità e quindi l'altolà alle urne. Presumibilmente apprezzato anche il passaggio rivolto ai sindacati che «devono rispettare le prerogative del governo» ma che tradizionalmente hanno sempre posto veti su tutto. E non solo: quando Napolitano parla di «voci di scissioni che portano instabilità» sicuramente pensava a Civati & C. ma il concetto - è il pensiero di Berlusconi - potrebbe calzare a pennello anche per i malpancisti azzurri. Fitto in testa.
Berlusconi predica unità attorno a se stesso e, dopo aver passato parte del pomeriggio a casa del maestro Franco Zeffirelli - amico che non vedeva da tempo - si dedica al partito. Per cena raduna tutti e sessanta i senatori al ristorante le Terme del Colosseo per gli auguri di Natale: un modo per rinfrancare i parlamentari e tentare di spegnere le fibrillazioni interne. Cena frugale: pizza, fritti e mozzarelle più confetti tricolore per tutti. Il Cavaliere si scusa: «Mi spiace non aver avuto frequentazioni regolari con voi ma come sapete i limiti alla mia libertà hanno pesato non poco. Sappiate che le mie porte, però, sono sempre aperte». Rassicura tutti i presenti: «Ci sarà spazio per tutti voi accanto a persone nuove con passione, entusiasmo e idealismo». E poi aggiunge: «Delle prossime liste me ne occuperò io personalmente». Berlusconi vede la possibilità di riscatto a portata di mano: «Le due coalizioni, centrosinistra e centrodestra, sono date 41 a 36 - spiega -. Quindi c'è spazio per la rimonta e presto saremo richiamati a mettere in campo la nostra saggezza e la nostra esperienza». Ma c'è un ma: «Non mi importano gli attacchi personali. L'unica cosa che dobbiamo evitare è farci vedere divisi».
La linea però non muta: sì alle riforme ma assolutamente no alle politiche economiche di questo governo. Tant'è vero che lascia al capogruppo alla Camera Renato Brunetta il compito di affondare la lama sul premier.
Il suo discorso a Montecitorio è quasi feroce: «Il 24 febbraio, quasi 300 giorni fa, signor presidente del Consiglio, lei si impegnava ad affrontare prima del semestre europeo le scelte legate alle politiche sul lavoro, sul fisco, sulla pubblica amministrazione, sulla giustizia, partendo naturalmente dalle riforme istituzionali ed elettorali sulle quali si è registrato un accordo che va oltre alla maggioranza che sostiene questo governo e per il quale noi non possiamo che dire che gli accordi li rispetteremo nei tempi e nelle modalità prestabilite». E poi arriva il «ma»: «Gli accordi che lei pure citava non li ha rispettati, né nei tempi né nei modi». Quindi: «Lei è inguaribilmente affetto da azzardo morale: un comportamento opportunistico post-contrattuale».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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