C appuccio grigio calato sulla testa. Sorrisi, smorfie, cenni con la mano per salutare la folla. Il 17enne reo confesso dell'omicidio di Noemi Durini è uscito così dalla caserma di Specchia. Solo pochi minuti prima, dopo un lunghissimo interrogatorio, aveva raccontato ai carabinieri di aver ucciso la sua fidanzatina 16enne e di aver nascosto il corpo sotto un mucchio di pietre. Davanti alle decine di persone assiepate per chiedere giustizia, lui si è presentato con un ghigno. Un atteggiamento di sfida e di indifferenza che ha rischiato di sfociare in un linciaggio. Il giovane, scortato dagli agenti, ha fatto appena in tempo a salire sulla gazzella. L'auto è stata circondata, colpita con calci e pugni. Un'esplosione di violenza che racconta la rabbia del borgo salentino travolto da un orrore troppo grande.
Il ragazzo di Alessano, descritto come violento e psicologicamente labile, ha raccontato la sua verità dopo un interrogatorio fiume. In un primo momento ha detto di aver accoltellato Noemi per gelosia, perché «aveva troppi amici». Poi la nuova versione: «L'ho ammazzata perché premeva per mettere in atto l'uccisione di tutta la mia famiglia». A confermare l'ultima versione un bigliettino lasciato ai genitori: «Quello che ho fatto è stato per l'amore che provo per voi. Noemi voleva che io vi uccidessi per potere avermi con sé. Sono un fallito e mi faccio schifo». Poi confida: «Se mi fossi ucciso avrei evitato questo casino». Il 17enne ha ricostruito la sua versione dei fatti: avrebbe raggiunto Noemi a casa alle 5 del mattino del 3 settembre per cercare di convincerla a cambiare idea. Ad accantonare il progetto di sterminare la sua famiglia per poi fuggire insieme a Milano. I due sarebbero usciti insieme dall'abitazione e lui, a quel punto, avrebbe scoperto il coltello che la 16enne aveva portato per compiere la strage. Di fronte alla caparbietà di Noemi, intenzionata comunque a uccidere tutti, lui l'avrebbe colpita con quello stesso coltello. «Ho reagito di fronte all'ostinazione di Noemi a voler portare a termine il progetto dello sterminio della mia famiglia», avrebbe detto. Per poi aggiungere: «Ero innamoratissimo di lei».
Dopo l'omicidio il 17enne l'ha seppellita nelle campagne di San Giuseppe di Castrignano del Capo sotto un mucchio di sassi. Proprio qui, 11 giorni dopo, il giovane ha portato i carabinieri. Per lui adesso è scattato il fermo in una casa protetta, in attesa che il gip lo convalidi. Le accuse sono omicidio volontario e occultamento di cadavere. Mentre si continua a indagare e scavare. Per cercare di fare chiarezza nella vita dei due ragazzi. Da una parte lei, innamoratissima ma impaurita da quel fidanzatino violento. Al punto da pubblicare alcuni post sulla sua pagina Facebook dai quali traspariva l'ansia. Dall'altra lui, un ragazzo difficile che la madre della ragazza aveva denunciato. E poche settimane dopo i genitori di lui avevano denunciato Noemi per «atti persecutori».
Il giovane era in cura al Sert, per abuso di droghe leggere. In un solo anno avrebbe subito tre trattamenti sanitari obbligatori. Secondo lo stesso procuratore capo di Lecce, Leone De Castris, avrebbe problemi psichici «accertati». Eppure qualcosa non torna. Da un primo esame sul corpo di Noemi sarebbe emersa una verità diversa: la ragazza non sarebbe stata uccisa a coltellate, ma colpita alla testa con un grosso sasso. Durante l'interrogatorio, il killer sarebbe risultato lucido e determinato. «Non ha evidenziato disagio di tipo psichico», ha confermato il procuratore del tribunale dei minori Maria Cristina Rizzo dopo averlo sentito per due ore. «Era lucido, chiaro nella ricostruzione, non ha avuto crisi di pianto o momenti di sconforto».
Insomma, secondo il procuratore «non è vero che il minore è soggetto psichiatrico nel senso proprio del termine» e per questo saranno condotti accertamenti sui presunti Tso. Nuovi dettagli potranno emergere dall'autopsia fra domani e lunedì.
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