Dopo la reintroduzione delle Province, un altro blitz agostano viene messo a segno dalla sonnacchiosa ma pur sempre vigile quando si tratta dei propri interessi, assemblea siciliana. Il parlamento prima delle ferie ha bocciato un emendamento con cui anche l'isola speciale si sarebbe dovuta adeguare alla legge che proibisce ai deputati che abbiano subito una condanna definitiva dalla Corte dei conti per danno erariale e che non abbiano ancora saldato il debito con lo Stato, di ricandidarsi alle elezioni regionali. Nossignori. In Sicilia i morosi che non restituiscono soldi pubblici spesi illegittimamente potranno nuovamente sedere a Palazzo dei Normanni senza incorrere nell'incandidabilità e nelle decadenza che vale nel resto del Paese. Il deputato dem Pino Apprendi ha perso la sua battaglia solitaria e si è dovuto arrendere di fronte alle barricate bulgare erette anche dal suo partito. Che ha respinto in toto la modifica che voleva introdurre, insieme all'alt per i politici cattivi debitori, le norme sulla trasparenza nei controlli delle spese elettorali già in vigore nel resto dello Stivale.
Niente da fare, in Sicilia no, la Corte d'Appello e la magistratura contabile oggi non hanno alcun potere di verifica e controllo della congruità dei costi sostenuti per la campagna elettorale, e continueranno a non averne. Nessuna sanzione in caso di irregolarità, come invece previsto nelle altre regioni da una legge risalente al 1981. Nessuna multa, ma porte aperte a tutti i candidati. Anche ai condannati.
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