Il bluff del Carroccio di staccare la spina fulmina soltanto il Pd

Giovedì Zingaretti era convinto della crisi: così ha stoppato la sfiducia a Salvini dei renziani

Il bluff del Carroccio di staccare la spina fulmina soltanto il Pd

Ai vertici del Pd molti ci avevano creduto davvero, alle minacce di crisi di Salvini. Avevano ricevuto «informazioni riservate» secondo cui «sicuramente» il leader della Lega sarebbe andato alla resa dei conti con M5s, affrontandone impavido le conseguenze.

«Sono quelli che leggono Repubblica e ci credono, e che parlano con Giorgetti e scambiano le sue opinioni con quelle di Salvini», ironizza un parlamentare dem. Fatto sta che l'argomento «crisi imminente» è stato usato dal segretario Zingaretti per stoppare l'iniziativa di una mozione di sfiducia al capo leghista, lanciata dall'ala renziana. Che ieri è tornata all'attacco: «Se non la facciamo oggi quando mai potremo farla?», chiede Maria Elena Boschi. La mozione, spiegano i renziani, avrebbe come scopo principale quello di stanare i grillini e costringerli a dare pubblicamente la propria fiducia al Salvini dei rubli, oppure - ipotesi assai più improbabile - assumersi la responsabilità della rottura. In ogni caso, avrebbe messo in seria difficoltà Di Maio e Conte: «Forse per questo non la hanno voluta presentare», maligna qualcuno tra i favorevoli, «per non mettere troppo in difficoltà i grillini».

Alla crisi, del resto, Matteo Renzi non ha mai creduto: «Non la faranno - spiegava ai suoi giovedì - Salvini avrebbe i numeri per fare un governo di destra e tirarsi dietro moltissimi Cinque stelle. Ma non vuole: resta attaccato al patto con Di Maio, nonostante i rischi che questo comporta, su vari piani». La sceneggiata salviniana, spiegano nel Pd, serviva insomma per tutt'altri scopi: per alzare una cortina fumogena che coprisse le nuove rivelazioni sul Russiagate che stanno investendo il ministro dell'Interno, e per spaventare Di Maio e Conte alla vigilia dell'intervento del premier in Parlamento sul «caso rubli».

«La verità è che i commentatori politici frequentano troppo poco il Parlamento e le sue commissioni: se lo avessero fatto, in questi giorni, non sarebbero caduti nella trappola mediatica di Salvini e avrebbero capito che la maggioranza grillo-leghista è assolutamente blindata», sospira il costituzionalista e parlamentare dem Stefano Ceccanti. Lui, durante la settimana, ha seguito i lavori delle Commissioni di Montecitorio che stanno esaminando il decreto Sicurezza bis, ossia il provvedimento-bandiera di Salvini: «Devono mandarlo in aula lunedì, votando tutti gli emendamenti, per mettere poi la fiducia. E vanno avanti come un carrarmato, perfettamente allineati e a tappe forzate, con i grillini che difendono a spada tratta tutte le richieste della Lega e che si sono inventati qualunque manovra diversiva, come il caso delle false accuse a Andrea Romano, per bloccare ogni opposizione». Dall'osservatorio parlamentare, insomma, appare chiaro che Salvini e Di Maio si muovono in perfetta intesa. E in privato, con i parlamentari dem, i Cinque stelle confidano: «Di Maio ha dato ordine di dire sì a qualsiasi richiesta della Lega, per non dargli pretesti».

Del resto giovedì, nel pieno della bagarre sulla crisi imminente, la viceministro Laura Castelli spiegava a un dirigente Pd: «Ma quale crisi, non c'è nessun rischio: Salvini è il primo a non volerlo correre. Tranquilli, duriamo cinque anni».

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